Rimini è l’orcio della regione. Quest’anno, però, il “serbatoio” rischia seriamente di restare a secco. L’olio d’oliva continuerà ad essere limpido, ma la qualità non sarà per nulla accompagnata dalla quantità sulle tavole della provincia: gli esperti parlano di -70% nella produzione.
I numeri raccontano di un rapporto stretto tra Rimini, gli ulivi e il frutto. Il 70% di tutta la produzione regionale, infatti, è riminese con 2.700-2.800 produttori (su circa 4mila) e 650mila piante che occupano 2.825 ettari di terreno. In regione si stimano un milione di olivi su una superficie approssimativa di 5mila ettari. Si tratta in larghissima parte di piccoli produttori, il cui olio è destinato all’autoconsumo e ai conoscenti. Sul territorio insistono 19 oleifici. La media produttiva è di 2,5 quintali a produttore su un totale di circa 6- 7mila quintali in annate normali. La campagna 2018 potrebbe assestarsi sui 4.000 quintali, cifre lontane dalle stagioni migliori e vicine a quelle disastrose del 2014, quando – a causa della mosca – le produzioni arretrarono almeno del 50%.
Sabrina Paolizzi, responsabile dell’ARPO, l’Associazione Regionale tra produttori olivicoli dell’Emilia Romagna a cui fanno capo i singoli produttori d’olio e le forme organizzate di produttori, da Rimini fa il punto della situazione.
Le previsioni sono davvero così funeree?
“Forse persino peggio. Specie in Valconca e in alcune zone della Valmarano, ai danni del freddo si sono aggiunte due differenti patologie, entrambe deleterie.
La prima riguarda un battere che si insinua nelle spaccature dei rami causate dal freddo e dal gelo e si diffonde nella pianta, e può farlo persino per più anni. L’Istituto Fitopatologico regionale, da noi sollecitato, ha svolto le analisi del caso: si tratta di un battere presente da sempre, che attacca soprattutto la varietà correggiolo. La «rogna» si è palesata tardivamente, in maggio e persino in giugno, anche su rami che sembravano produttivi.
A questo battere, si è aggiunto un insetto, la Dasineura oleae, che aggredisce le foglie e impedisce lo sviluppo del germoglio, intaccando fortemente la produzione. Anche in questo caso l’Istituto FitoPatologico ha svolto analisi ed ha individuato un farmaco per il cui utilizzo in via eccezionale abbiamo avanzato la richiesta per il 2019”.
Intanto una stagione è andata.
“La mosca dell’olivo non ha causato gravi problemi, e anche la situazione meteo non è stata così drammatica, anche se ha colpito a macchia di leopardo. La rogna e la Dasineura, al contrario, sono state un’accoppiata deleteria per la produzione 2018. Al calo produttivo stimato nel 70%, si aggiunge un altro aspetto. Quando l’oliva è poca, il trattamento e la raccolta diventano poco redditizie e specie tra i piccoli produttori diversi non hanno portato a termine la raccolta”.
Quali sono le zone più colpite?
“Indubbiamente la Valconca: Saludecio, Montegridolfo e Mondaino sono state devastate. Alcuni uliveti sembrano rasi al suolo, tanto sono brulli. È andata meglio in Valmarano. Più si sale a nord, e meno danni hanno causato rogna e insetto”.
Quali contromisure si possono prendere?
“La campagna 2018 è già perduta. Le operazioni di raccolta, specie in alcune zone, sono già in fase avanzata. Chi attende per far asciugare il prodotto e migliorare di conseguenza la resa, si espone al rischio della caduta del prodotto a causa del maltempo: in parte è accaduto domenica scorsa con il nubifragio e il vento forte che per fortuna ha interessato solo alcune zone.
In ogni caso, data l’entità terribile del danno subito dai produttori della provincia, abbiamo inviato la segnalazione all’Ufficio Regionale dell’Agricoltura, che ha effettuato sopralluoghi per certificare l’entità del deterioramento”.
La quantità dunque è scarsa: e la qualità?
“Consoliamoci con un prodotto davvero notevole. Le rese al momento non sono alte – 10-11% – e certamente non all’altezza di quelle importanti del 2017, ma è ancora presto per fare conclusioni”.
Rispetto a qualche anno fa, aumentano le varietà di ulivi.
“La varietà Correggiolo (e Frantoio, dicitura utilizzata per le piante più giovani) è la principale componente del nostro olio: dà già di per sé un olio molto fruttato ed erbaceo. La varietà Leccino (varietà precoce) si è ottimamente comportata. Meno sensibile al freddo, il Leccino non è stato quasi intaccato dalla rogna”.
Com’è l’Olio di Rimini?
“È un olio davvero molto buono. La DOP Colli di Romagna, la seconda DOP della regione insieme a quella di Brisighella, si produce quasi interamente in provincia di Rimini. È un olio dalla lunga tradizione e dal sapore molto marcato. Il colore è verde intenso, con riflessi dorati e il sapore è erbaceo e fresco. Se la varietà di Brisighella è più conosciuta, Rimini ormai l’ha raggiunta, grazie ad un prestigio che aumenta anno dopo anno. Avrebbe solo bisogno di essere riconosciuta come merita”.