La parola prima di tutto. Lo scorbutico professore universitario Pierre Mazard (Daniel Auteuil) non tollera che una studentessa, la giovane Neila Salah (Camélia Jordana, vista in Due sotto il burqa) arrivi in ritardo e non vestita in modo adeguato, con atteggiamento “da periferia”. Le scintille tra i due portano, per mantenere il buon nome della facoltà, all’obbligo per il docente di preparare la ragazza, intenzionata a diventare avvocato, ad un concorso di eloquenza.
Quasi nemici. L’importante è avere ragione (Le brio il titolo originale) dimostra in modo ammaliante grazie ad un racconto scorrevole, quanto sia necessaria, soprattutto in un sistema dove la comunicazione interpersonale è ridotta all’osso e si affida a veicoli social che mancano totalmente di emotività, l’arte della retorica, la capacità di parlare in modo adeguato in ogni situazione.
Il regista Attal mette in scena un bel duetto tra due personalità inevitabilmente scontrose per ideologie e atteggiamenti (la razza è solo un’apparente motivo di attrito, il provocatorio docente ha modo di dimostrare che non è problema di “specie” ma di atteggiamento) e nella più classica delle situazioni maestro-allieva, il film diventa percorso di crescita e conoscenza per entrambi, sfruttando nel migliore dei modi l’inequivocabile potere della parola e della capacità di farsi ascoltare.
Lezione utile in un film che si affida quasi totalmente alla bravura dei due protagonisti e, a colpi di Cicerone e Schopenhauer ed un pizzico di Shakespeare, mette in scena un intrigante confronto filosofico, aperto da immagini d’archivio di difensori della lingua francese come Claude Lévi-Strauss o Jacques Brel, nei loro campi assertori dell’importanza della parola, scritta, declamata o cantata che sia.