Per il Partito Democratico sono risorse, per la Lega sono dei criminali. Il dibattito sui migranti e sul nuovo Decreto Sicurezza presentato la scorsa settimana, sembra esaurirsi tra questi due estremi. E anche se le polemiche che lo hanno accompagnato nei primi giorni sono già state sostituite da quelle riguardanti il reddito di cittadinanza e lo sforamento del rapporto deficit Pil, per qualcuno gli effetti del Decreto cominciano a farsi sentire.
Risorse? Criminali? O magari, prima ancora, persone?
Tra i primi a commentare la legge il segretario della Cei Nunzio Galantino, che sottolinea un aspetto carico di significato: “Mi sembra strano – afferma – che si parli di immigrati all’interno del Decreto Sicurezza. Inserirlo lì significa giudicare già l’immigrato per una sua condizione”.
In effetti si può parlare di vero e proprio giro di vite contro i migranti. Via la protezione umanitaria sostituita da permessi speciali, drastica riduzione del sistema Sprar – che passerebbe dalle attuali 35mila persone a 10mila – tempi più lunghi per l’ottenimento della cittadinanza italiana – da 2 a 4 anni – possibili revoche in caso di reati particolari, e un aumento del tempo di attesa nei Cpr (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) dai 3 ai 6 mesi.
La linea del Governo, come sottolineato da Galantini, parte insomma dal presupposto che il migrante sia un pericolo, da affrontare secondo una logica meramente securitaria. Eppure tutte le statistiche affermano il contrario: siamo in un periodo con il più basso numero di omicidi e reati. E soprattutto tra gli immigrati con regolare permesso di soggiorno i tassi di criminalità sono gli stessi degli italiani. Questo non vuol dire che non ci siano problemi di integrazione, difficoltà di adattamento, scontri che qualche volta possono sfociare in momenti di tensione, ma che non c’è un problema sicurezza legato alle migrazioni.
Ma le cose potrebbero cambiare. Perché se c’è una cosa su cui al momento associazioni e altri enti che si occupano di migranti sono d’accordo è che il nuovo Decreto produrrà un grande aumento dell’irregolarità, con conseguente aumento dell’insicurezza pubblica.
Questo, tra gli altri, è il parere del vicesindaco di Rimini e assessore con delega ai Servizi sociali Gloria Lisi.
“Il Decreto Sicurezza creerà non pochi problemi. Non parlo dal punto di vista delle organizzazioni umanitarie, parlo proprio di un problema di sicurezza che riguarda tutti, nessuno escluso”.
Per la Lisi, insomma, non si tratta di essere buonisti, per utilizzare un termine fastidioso con cui si liquida qualsiasi atteggiamento di solidarietà, bollandolo come ingenuo, superficiale, quando addirittura non lobbistico; ma di un vero e proprio problema di sicurezza sociale.
“Il provvedimento colpisce principalmente l’istituto dello Sprar, il sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, che attualmente ospita più di 35mila rifugiati e richiedenti asilo e che potrebbe ridursi ad ospitarne solo 10mila. Il Governo agisce per sopprimere un sistema che funzionava da 20 anni e che poteva andare a sistema. Lo Sprar, infatti, non serviva tanto a gestire un’emergenza, ma a rendere autonome le persone e ad integrarle. E lo faceva realmente, perché una persona che esce dallo Sprar e che trova un lavoro non è più sulle spalle della cittadinanza, ma ne diventa parte attiva. Con il nuovo Decreto tutte queste persone ce le ritroveremo per strada, senza dimora, facile preda di chi li vorrà sfruttare per lavorare e per farle entrare nel giro della criminalità. Non saranno più conteggiabili, niente più iscrizione anagrafica, niente lavoro regolare, e andranno ad alimentare il senso di insicurezza e illegalità che a quel punto non sarà più solo una percezione, ma diventerà un problema reale. Fare queste scelte vuol dire consegnare il paese in una situazione di caos e non possiamo immaginare i tempi bui che ci aspettano”.
Lo scorso mercoledì 19 settembre si è svolto un incontro di Anci per affrontare le tematiche del Decreto che ancora – in quei giorni – non era stato approvato.
“All’incontro c’erano amministratori di tutte le estrazioni politiche. Ci aspettavamo una misura di questo tipo, ma siamo rimasti shockati. Tra l’altro l’Anci non ha avuto neanche il tempo di studiare il Decreto. Lo abbiamo saputo all’ultimo: uno strappo istituzionale che non si è mai verificato prima. Perché il problema, alla fine, sarà degli amministratori. Noi ci troveremo a gestire dei territori non più sicuri. Immaginate tutte le persone accolte in questo momento per motivi umanitari che vanno per strada oppure vengono reindirizzate ai Cas, i Centri di Accoglienza Straordinaria che raccoglieranno 3-400 persone. Com’è possibile fare integrazione così? Il modello della nostra Regione puntava ad una accoglienza diffusa, con piccoli numeri. Ora non sarà più così e comuni di meno di 5mila abitanti potrebbero trovarsi un Cas con centinaia di rifugiati. Inoltre si perderanno tantissime opportunità di lavoro per i ragazzi e non solo: ci sono contratti di affitto per lo Sprar, ma anche contratti di lavoro coi professionisti dell’integrazione, e tanti altri problemi”.
Paura per quello che potrebbe accadere, la dimostra anche Mario Galasso, direttore della Caritas Diocesana.
“Vorrei chiedere dov’è l’emergenza immigrazione oggi che gli sbarchi si sono ridotti e che anche le persone che bussano alle nostre porte sono sempre meno. I migranti che arrivano qui non torneranno più a casa. Perché hanno speso tutti i risparmi loro e dei familiari, perché hanno rischiato la vita in un viaggio lungo e pieno di pericoli. Per cui al 95% rimarranno qui e diventeranno clandestini alla mercé della criminalità organizzata. Se non mettiamo mano alla nostra umanità, alla relazione con gli altri, il declino che vedo mi spaventa molto”.
Chi si occupa di migranti e accoglienza ha sicuramente il polso della situazione, ma parlare del Decreto legge solo con loro, rischia di lasciare nell’ombra i motivi per cui una politica di questo tipo oggi raccoglie un’ampia adesione da parte della cittadinanza.
Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale della Lega, Matteo Zoccarato.
“Le indicazioni di Salvini sono chiare, anche se il Decreto potrebbe subire delle modifiche. Il sistema Sprar non funzionava, e spendeva soldi e risorse per formare e integrare delle persone che spesso non vedevano riconosciuta la domanda di accoglienza ed erano quindi costrette a tornare nel loro paese”.
Come risponde ai timori espressi dalla Lisi e da Galasso?
”Rispondo dicendo che i timori non sono fondati perché il Decreto parla chiaro: chiunque venga preso in flagranza di reato avrà la domanda sospesa e tornerà a casa”.
La Lisi fa riferimento anche a 20mila persone che si troveranno escluse dal sistema di accoglienza. Non si crea un problema sociale?
“Anche in questo caso sono timori che non hanno senso, perché quelle persone verrebbero trasferite nei Cas, e smetterebbero di seguire l’iter dello Sprar, con conseguente minore spreco di risorse. Se poi al termine del percorso potranno rimanere in Italia perché la loro domanda rispetta tutti i requisiti, allora bene”.
Salverebbe qualcosa del sistema Sprar?
“Butterei tutto nel cestino. Per me era da interrompere da tempo. Ho fatto numerose interrogazioni parlamentari. L’invasione va fermata. È vero che in parte i contributi sono ministeriali, ma c’è anche un investimento del comune di Rimini. Quindi, a mio avviso, si risparmiano risorse che venivano spese in un progetto che non funzionava. Inoltre lo Sprar rimane in piedi per i minori non accompagnati e per i rifugiati politici”
Siamo convinti di essere vittime di una migrazione incontrollata, ma le migrazioni, con il loro carico di problemi e arricchimento, cominciano con la storia dell’umanità, e in realtà toccano la nostra penisola e il nostro continente solo in minima parte. Eppure oggi avremmo gli strumenti sociali e politici per gestirle più facilmente, invece la politica, che dovrebbe pianificare il futuro, si limita a chiudere le frontiere e ad alzare un muro che avrà come unico risultato quello di creare realmente un problema che allo stato dei fatti è solo potenziale, rendendo palese il vero pensiero che sottende questo approccio: se un cittadino italiano figlio di genitori italiani, e un cittadino italiano che ha ottenuto la cittadinanza recentemente commettono lo stesso reato, secondo questa legge, ad uno verrà revocata la cittadinanza, e all’altro no. Insomma, avremo cittadini di serie A – noi – e cittadini di serie B – loro.