Da venticinque anni una trentina di famiglie residenti a Savignano, in viale della Libertà, nel tratto da via De Lubelza fino allo svincolo sulla via Emilia, chiede la sistemazione dei marciapiedi. Cinque lustri fa presentarono al Comune una lunga lista di firme che, però, non trovarono una soluzione. Dieci anni più tardi ci riprovarono, ma anche quel tentativo andò a vuoto. Visto che non c’è due senza tre, eccole ancora con le penne in mano.
Portavoce di questa ennesima raccolta di firme è Delfo Aldini.
“Su questo tratto di strada transitano nell’arco delle 24 ore giornaliere oltre duemila mezzi, a volte anche ad alta velocità. Il problema sono i marciapiedi. Le varie Amministrazioni comunali che si sono succedute hanno costruito tratti di marciapiede lungo tutto il viale della Libertà, oltre un chilometro e mezzo, tranne lungo la nostra striscia lunga neppure trecento metri. I problemi che subiamo sono molto gravi. Prima di tutto quello che dovrebbe essere un marciapiede diventa un parcheggio per le auto e laddove è libero è impercorribile a piedi, con le carrozzine dei disabili e i passeggini dei bimbi. Le radici dei pini marittimi hanno alzato il livello della strada con grossi rigonfiamenti delle radici. Poi quando piove i chiusini si riempiono di aghi di pino, non accettano più acqua e si allaga tutto. Per non parlare delle buche che si riempiono d’acqua stagnante con tutti i pericoli del caso”.
Questo nonostante Aldini e gli altri residenti facciano il possibile per tenere pulito e in ordine tutta la zona.
“Sarebbe di competenza del Comune, invece… Sinceramente non capiamo perché si siano fatti i lavori su viale della Libertà lasciando questi trecento metri senza nulla. Anche noi siamo cittadini come gli altri e paghiamo le tasse. Più volte siamo andati in Municipio a protestare e a chiedere di intervenire. Ci rispondono sempre che mancano i soldi. Però per altre vie sono stati trovati, le strade sono state asfaltate e i marciapiedi sono stati rifatti. Perché noi no? Crediamo di avere diritto a una risposta dopo 25 anni”.
Ermanno Pasolini