Da Rimini a rispondere all’invito lanciato dal Papa in vista del Sinodo dei giovani, eravamo sessantacinque ragazzi dai 18 ai 30 anni, accompagnati da quattro sacerdoti (don Ugo Moncada, don Paolo Donati, don Cristian Squadrani e don Alessandro Zavattini) e quattro religiose. La scelta di aderire alla proposta della Pastorale Giovanile Diocesana è stata sicuramente coraggiosa: sei giorni di pellegrinaggio da Rimini a La Verna sulle orme di San Francesco e poi in pullman fino a Roma per coronare la settimana con tanti altri pellegrini provenienti da tutt’ Italia pronti ad ascoltare le parole di papa Francesco.
Così, sabato 4 agosto ci siamo ritrovati a San Fortunato nella struttura del Seminario e una volta lanciato il pellegrinaggio assieme al vescovo Francesco e provata l’attrezzatura per la notte, domenica mattina siamo partiti, con nell’animo un po’ di paura, per i tanti kilometri che ci aspettavano e tanta attesa per un’esperienza che sembrava prospettarsi fin da subito unica.
Cecilia, ventenne della parrocchia di San Giovanni Battista, descrive così la routine di quella settimana:
“La sveglia era alle 5:15/5:30, seguita dalla colazione dei campioni con fette alla Nutella, marmellata, ciambelle e biscotti. Dopo esserci preparati, al grido di “zaini in spalla!” si partiva alle 7 circa per percorrere sentieri o strade asfaltate in fila indiana o a gruppetti.
Dopo circa un’ora ecco la prima attesa sosta, quella della preghiera, per ascoltare la Parola e il messaggio del Papa su un tema prescelto. Tornati in cammino, la mezz’ora successiva era dedicata alla meditazione silenziosa che poteva poi essere condivisa con un compagno. Dopo tante chiacchiere e alcune soste per bere, riposarsi, mangiare frutta, panini e barrette energetiche, si arrivava al luogo destinato per il pranzo.
Qui restavamo circa due ore, dove veniva celebrata anche la Messa, carichi spiritualmente e riposati fisicamente, ripartivamo con zaini e scarponi verso la parrocchia, scuola o palestra che ci avrebbe ospitato per la notte.
Qui, verso le 16/17, venivano montate le docce da campo e, dopo aver lavato i vestiti, si condividevano gioie e fatiche del giorno trascorso. Alle 19:30 era servita la cena a cui seguivano musiche e balli quando le forze lo permettevano. Dopo esserci preparati per la notte e per il giorno successivo, si pregava insieme e alle 22 si spegneva la luce”.
Le tappe del viaggio si sono susseguite un giorno dopo l’altro: Villa Verucchio, San Leo, Sant’Agata Feltria, le Balze, Verghereto e infine la tanto sospirata La Verna. Stefano, ventitreenne del Centro Storico commenta così l’arrivo al santuario:
“L’atmosfera è cambiata, il silenzio ha iniziato a fare da padrone e i molti che per la prima volta varcavano l’ingresso sono rimasti profondamente colpiti dai luoghi della vita di Francesco. Dentro di me sorridevo al pensiero che quella sera avrei finalmente dormito in un comodo letto e non avrei più dovuto portare sulle spalle il mio pesantissimo zaino, fuori di me vedevo i volti ed i sorrisi degli altri ragazzi e ragazze e pensavo che La Verna non fosse una semplice meta, un arrivo di un pellegrinaggio, ma uno dei tanti ‘traguardi volanti’ di cui la nostra vita è costellata, attraverso i quali viaggiano gioie condivise e momenti di difficoltà in quella ricerca che ci accomuna a tutti, quella della felicità vera. Forse al santuario francescano per qualche ora, per qualche minuto o secondo, abbiamo potuto assaporare una kará (gioia) vera e piena”.
Uno degli aspetti più arricchenti è stato quello comunitario, il sentirsi una famiglia fin dal primo giorno. Preziosa è stata la presenza di sette ragazzi disabili che con i loro sorrisi e la loro spontaneità portavano gioia anche nei momenti più faticosi del cammino. Il gruppo infatti era variegato: Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Scout, gruppi parrocchiali, ciascuno metteva a disposizione del prossimo la propria formazione specifica e le sue esperienze personali.
“Una delle cose più belle che mi sento di raccontare è stato scoprire come i cosiddetti ragazzi special che ci hanno accompagnati in questo viaggio sono diventati praticamente da subito amici di tutti i ragazzi e le ragazze presenti al pellegrinaggio, facendo cadere tante barriere, costringendoci a riflettere sui nostri limiti e in parte a tentare di superarli. Hanno saputo lasciare a ciascuno un ricordo indelebile di vita vissuta assieme. – Sono le parole di Francesco, ventunenne di Misano appartenente al gruppo universitari della Papa Giovanni – Quello che mi porto a casa e che penso tutti condividano al termine di questo pellegrinaggio è che condividendo la propria vita con l’altro le fatiche si dimezzano e le gioie si moltiplicano e i ragazzi special sono stati la prima testimonianza di questo”.
Infine la forte emozione dell’incontro con Papa Francesco al circo massimo di Roma sabato 11 agosto davanti a settantamila giovani. L’entusiasmo ha attraversato i volti e gli spiriti e tra questi anche quello di Dora Camilla, ventottenne riminese che racconta l’emozione così: “Arrivare a Roma da Papa Francesco ha dato un senso a tutta la strada percorsa ed ha risposto in maniera puntuale a tutte le domande che ci eravamo posti nei giorni precedenti durante il nostro cammino. La commozione è stata così grande nel vedere quella moltitudine di giovani in festa pieni di gioia vera che le lacrime hanno iniziato a scorrere incessantemente, impossibili da fermare.”
Le parole del Papa sono state seguite da una serata di festa insieme mentre sul palco si sono alternate voci della musica italiana come Alex Britti e Clementino. Nella notte tra sabato e domenica noi riminesi assieme a tutti gli altri giovani abbiamo riempito le strade di Roma: chiese aperte, spettacoli e iniziative ci hanno tenuto compagnia fino al mattino, fino alla messa domenicale in piazza San Pietro.
Sicuramente la distanza tra il silenzio caratteristico del cammino, dei paesaggi della Val Marecchia e l’esplosione di gioia di Roma è stata grande, eppure entrambe le esperienze si sono mosse nella stessa direzione: erano entrambe tappe di quella ricerca impegnata e talvolta faticosa di una sensazione di pienezza che condivisa non può che moltiplicarsi.
Marta Antonini