Giovanni Battista Sidoti. Missionario e martire in Giappone, è il volume di Mario Torcivia, edito da Rubettino che ricostruisce la figura di Giovanni Battista Sidoti, “ultimo missionario europeo dell’età moderna che riuscì a mettere piede in un paese allora chiuso al resto del mondo”.
Sidoti è un personaggio a noi caro, visto che della sua testimonianza (soprattutto del ritrovamento dei suoi resti, nel luglio 2014, durante gli scavi per la costruzione di un grande condominio della Mitsubishi, a Tokyo) si è fatto portavoce, di fronte alla comunità cattolica giapponese e a quella universale, padre Mario Canducci, originario di Torre Pedrera e da oltre 50 anni missionario francescano in Giappone.
Oggi, di questo martire si è “preso cura” Mario Torcivia, prete della chiesa palermitana e Ordinario di Teologia spirituale presso lo Studio Teologico S. Paolo di Catania, scrivendo una vera e propria biografia, rintracciando documenti inediti con lo scopo di ricostruire la vita e le vicende di questo personaggio poco noto nel nostro Paese ma considerato un martire in Giappone.
Riportiamo di seguito, parte dell’introduzione al volume, nella quale se ne anticipa il contenuto e se ne delineano i contorni:
«Le pagine che seguono presentano la figura di don Giovanni Battista Sidoti, nato a Palermo il 22 agosto 1662 e morto a Edo, (odierna Tokyo) il 27 novembre 1715, col titolo di Vicario Apostolico del Giappone, anche se il prete siciliano non seppe mai del prestigioso incarico, perché in prigione.
Sidoti, trasferitosi a Roma alcuni anni dopo l’ordinazione presbiterale per conseguire la laurea in utroque jure, ebbe modo di conoscere le gesta eroiche di tanti credenti in Cristo nel Paese del Sol Levante. Maturata l’idea di recarsi in Giappone per annunciare il Vangelo, grazie al legame con la Congregazione de Propaganda Fide, poté realizzare il suo profondo desiderio, sbarcando nell’ottobre del 1708 nel Paese asiatico, nazione in quel tempo chiusa al resto del mondo.
L’interrogatorio ad opera di Hakuseki Arai, consigliere neoconfuciano dello shogun allora alla guida del Paese, ha rappresentato la felice occasione d’incontro e dialogo tra l’Occidente e il Giappone. Destinato dallo shogun alla prigionia per la durata dei suoi giorni, il missionario palermitano avendo battezzato i suoi due servitori, fu posto all’interno di un’angusta buca, dove morì per le disperate condizioni nelle quali si venne a trovare.
Tre anni fa a, Tokyo, nel luogo dove nei secoli passati si trovava la prigione dei cristiani, sono state rinvenute delle ossa il cui esame scientifico (2016) ha dato la certezza che fossero quelle del prete siciliano. L’avvenimento ha suscitato nell’opinione pubblica, non solo giapponese, grande interesse e ha fatto uscire dall’oblio don Giovanni Battista Sidoti, dando modo alla sua vicenda missionaria di tornare a essere conosciuta in tutto il mondo.
In realtà, già tanti suoi contemporanei avevano scritto di lui. Nel Settecento, diverse lettere di missionari francescani, gesuiti, barnabiti, ma anche di preti diocesani, avevano manifestato profonda gioia e interesse per il suo ingresso in Giappone, sperando ardentemente nei frutti della sua azione missionaria.
Nel XIX secolo, dopo l’apertura del Paese al mondo, si tornerà a parlare di Sidoti, negli Stati Uniti e poi anche in Europa ma soprattutto in Giappone, dapprima grazie ai missionari occidentali là operanti, e poi per merito di alcuni studiosi locali.
Oggi i Nipponici mostrano profonda consapevolezza del fatto che, grazie all’arrivo di Sidoti, il loro Paese ha avuto modo di conoscere l’Occidente e considerano il prete siciliano un uomo benemerito perché gli attribuiscono il pregio di aver fatto incontrare la loro cultura con quella occidentale.
Il volume è la prima biografia scientifica scritta sul presbitero palermitano che, da Roma, passando per Genova, la Spagna, Tenerife (Isole Canarie), Pondicherry (India), Manila (Filippine) e Macao (Cina), è approdato in Giappone, Paese nel quale è terminata tragicamente la sua esistenza.
Le diverse fonti rinvenute ci hanno dato la possibilità di conoscere la data di nascita di Sidoti, ma anche di ottenere precise notizie sulla sorella monaca di clausura, sul fratello prete e sugli altri familiari, sui titoli accademici conseguiti, sul servizio di vivanderius nella Chiesa Cattedrale di Palermo, sull’appartenenza a una delle più rinomate congregazioni di spirito che radunava gli ecclesiastici del capoluogo siciliano, su un’Oratio composta e recitata dinanzi a Papa Innocenzo XII e data alle stampe, su un famoso cardinale romano, sull’essere stato padrino di battesimo di un rabbino convertito alla fede cristiana, sull’importante ruolo giocato perché la Città e la Chiesa di Palermo avessero il corpo di santa Felicissima, ritrovato nelle catacombe romane di San Callisto. Le due interessantissime relazioni sul viaggio compiuto al seguito del Patriarca d’Antiochia Maillard de Tournon, ci hanno fornito preziosi ragguagli sulla sosta nelle Isole Canarie, sui mesi vissuti in India e, soprattutto, sui quattro anni di permanenza a Manila. Nella capitale filippina, Sidoti si fece conoscere e apprezzare per lo spirito di servizio manifestato nei riguardi degli ammalati, dei poveri e dei bimbi cinesi e per l’importantissimo ruolo giocato nella costruzione del primo Seminario locale.
Le fonti giapponesi (quelle che si sono potute leggere, perché tradotte in una delle lingue occidentali), e quelle coeve occidentali (dei mercanti olandesi di stanza a Nagasaki e dei cronisti degli ordini religiosi europei presenti allora in Estremo Oriente ) ci hanno ragguagliato su quanto avvenuto negli ultimi sette anni di vita del missionario palermitano nel Paese del Sol Levante: dallo sbarco nell’isola di Yakushima, agli interrogatori nella provincia di Satsuma, a Nagasaki e a Edo, alla prigionia e alla morte.
Notevole anche l’apporto dei numerosi saggi consultati – per la stragrande maggioranza di studiosi non italiani – perché ci hanno fornito preziose chiavi di lettura per comprendere quanto realizzato da Sidoti in Oriente.
Nel presentare questo libro, ci piace comunicare la nostra gioia per avere incontrato e conosciuto un uomo autentico, innamorato della propria missione evangelizzatrice, che ha lasciato il buon profumo di Cristo (cfr. 2Cor 2,15) presso le persone incontrate nei diversi luoghi da lui frequentati.
a cura di
Angela De Rubeis