In Venezuela 7 bambini su 10 non ha cibo a sufficienza. Ogni settimana muoiono 5/6 bambini perché il tasso di malnutrizione cresce ogni mese dell’1%. Nel corso del 2018 circa il 26% dei bambini venezuelani sotto i 5 anni soffrirà di malnutrizione acuta (era il 16,8% nel 2017). Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità la soglia del 15% è considerata emergenza alimentare, al 30% si parla di vera e propria carestia. La povertà colpisce oggi l’77% della popolazione, ossia 28 milioni di persone. L’inflazione è alle stelle, con uno stipendio medio di 2.555.500 bolivares (circa 3 euro) che non basta nemmeno per comprare 1 kg di latte in polvere. 9 famiglie su 10 non riescono a mangiare 3 volte al giorno. 6 persone su 10 hanno perso 11 kg nel 2017. Sono alcuni dati di Caritas Venezuela citati a Roma durante la conferenza stampa organizzata da Aiuto alla Chiesa che soffre, in collaborazione con l’associazione “Venezuela piccola Venezia”, che ha lanciato la campagna “Riempiamo le pentole”, con l’obiettivo di distribuire entro l’anno 30.000 pasti solidali nelle parrocchie venezuelane. Una iniziativa fortemente appoggiata dall’episcopato venezuelano.
Tre appelli dall’arcivescovo di Caracas. “La situazione in Venezuela è molto grave, di crisi integrale, sociale, economica, politica e culturale”, ha affermato il card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, in collegamento telefonico dalla capitale. Il cardinale si è soffermato sulla situazione dei più poveri, che soffrono moltissimo.
Oltre 3 milioni di venezuelani sono fuggiti all’estero, quasi 1 milione in Colombia, dove la Chiesa locale distribuisce cibo e aiuti. In tutto il Venezuela sono stati organizzati 812 comitati parrocchiali per aiutare i poveri, con l’iniziativa delle ”pentole solidali”, ossia mense che distribuiscono cibo gratuito. “È terribile ciò che sta succedendo al popolo venezuelano”, ha ribadito. Tre sono gli appelli che l’arcivescovo di Caracas rivolge alla comunità internazionale: “Far conoscere la grave situazione politica ed economica e di violazione dei diritti da parte del governo; inviare cibo e medicine tramite Caritas Venezuela o altri organismi di aiuto umanitario; sostenerci con la preghiera e la solidarietà”.
Dalla diocesi di passaggio verso la Colombia. “Mi addolora molto il problema dell’infanzia, dei neonati. In alcune zone la malnutrizione è causa di morte. Nei due ospedali più grandi i bambini arrivano e muoiono perché non ci sono nemmeno le medicine. Ma soprattutto manca il cibo”. Lo ha detto mons. Castor Oswaldo Azuaje Perez, vescovo di Trujillo, diocesi all’interno del Paese verso il confine con la Colombia. Lo Stato di Trujillo, dove passano i venezuelani in fuga verso la Colombia (oltre 1 milione) è tra i più poveri. La crisi economica ha colpito l’agricoltura, mezzo di sussistenza della popolazione.
“Stiamo distribuendo cibo tramite le pentole della solidarietà, con tanta generosità. La povertà dà origine ad una grande solidarietà”.
La Caritas sta facendo un grande lavoro a Caracas e all’interno del Paese, ha precisato, “ci sta aiutando economicamente perché con l’inflazione tutto costa troppo”. La crisi umanitaria ha anche esasperato la criminalità: “Stanno succedendo fatti molto dolorosi e amari – ha aggiunto -. Ogni giorno avvengono crimini, ci sono morti assassinati. Entrano anche nelle case dei sacerdoti. C’è una insicurezza molto grande, il governo non riesce a controllare la situazione, a questo si aggiunge il narcotraffico”.
Un popolo in fuga. “Sul ponte Simon Bolivar tra Cucutà in Colombia e il Venezuela passano ogni giorno 50.000 persone – ha ricordato Marynellis Tremamunno, giornalista venezuelana e responsabile dell’associazione “Venezuela piccola Venezia” -. Altri stanno cercando la fuga nel mar dei Caraibi con i gommoni, già ci sono stati diversi naufragi e morti. La Croce rossa colombiana conferma la grave situazione di malnutrizione e le malattie che ne conseguono”.
Patrizia Caiffa