I corpi del reato, gli indizi, i sospettati… Gli elementi di un giallo ci sono tutti. E ci sono pure vittime illustri, come critici e storici dell’arte, che si sono fatti gabbare da un abile falsario, capace di contraffare le opere di un grande come Giovanni Francesco Barbieri, detto “il Guercino” (Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666), artista straordinario che, quando si palesa come disegnatore, riesce sempre ad essere inedito e originale, con quel suo tratto volubile ma comunque sicuro e spiccatamente narrativo.
Sir John Denis Mahon (Londra, 8 novembre 1910 – Londra, 24 aprile 2011), collezionista e storico dell’arte, si espresse circa queste falsificazioni in un momento in cui la categoria dei critici d’arte era sotto assedio per certe figure barbine ancora troppo recenti – basti pensare all’episodio delle false “teste di Modigliani” gettate ad arte (è il caso di dirlo!) nei canali di Livorno e “casualmente” rinvenute da chi le aveva realizzate – e ritenne necessario un tono perentorio: il falsario non era un artista di buon livello e non avrebbe più ingannato nessuno. Si sbagliava. I suoi lavori continuarono ancora ad essere scambiati per opere del Guercino. Ed anche quel giudizio ingeneroso, che Mahon stesso in seguito rettificò, andrebbe rivisto. Il nostro falsario, che produsse disegni notevolissimi, non poteva che essere bravo: la tecnica è buona, anche se, rispetto al tratto volante di Guercino, appare più rozzo e statico; il segno è molto forte e talvolta risulta “più Guercino di Guercino”, dal momento che ne calcò certe caratteristiche. Non sappiamo chi sia, ma finì per meritarsi due monografie.
A confrontarsi con questo enigma insoluto è stato Giulio Zavatta, storico dell’arte e ricercatore presso l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, che a Palazzo Buonadrata ha inaugurato l’ottava edizione (primo ciclo) della rassegna “I Maestri e il Tempo”, curata dallo storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi, con la conferenza: “Rendere ingannati li dilettanti – Guercino e il giallo dei falsari”.
I passaggi che portarono alle imitazioni dei disegni del maestro centese partono da Benedetto e Cesare Gennari, nipoti ed eredi del Guercino, i cui disegni affidarono all’incisore francese Jean Pesne (1625-1700) per la realizzazione di un album di stampe. Il lavoro di Pesne ricevette poi le attenzioni di Ludovico Mattioli (1662-1747), anch’egli incisore, che riprodusse ulteriormente le opere del Guercino. Non si trattò soltanto di semplici copie, o di immagini ribaltate dalla tecnica dell’incisione, ma ciascun passaggio comportò piccole modifiche di quanto raffigurato. A questo punto intervenne il falsario (nella foto, un paesaggio “tarocco”): ciò che gli incisori avevano riportato su lastra, il nostro uomo riconvertì in disegno. Egli non copiò solo dagli incisori, ma attinse anche da varie opere del Guercino stesso; si dotò così di una “grammatica”, si fece una mano, maturò una tecnica.
Il mercato richiedeva opere del Guercino in gran copia. Per questo gli incisori presero a riprodurle, ma l’effetto fu che le incisioni divennero più note degli originali, mentre questi ultimi diventavano qualcosa di introvabile. Quindi ambiti. Tutti volevano un disegno del Guercino. Probabilmente il falsario pensò di accontentarli.
Tra i sospettati vi sono membri della stessa famiglia Gennari, ma, sia per ragioni stilistiche, sia per il noto intento di voler vendere le opere rimaste loro in eredità, vanno esclusi. Anche Remigio Cantagallina (1582-1656), abilissimo disegnatore ed altro possibile indiziato, va invece scartato per discrepanze cronologiche. Motivi diversi, ma stesso risultato, per validi artisti come Giuseppe Maria Ficatelli, allievo prima di Guercino poi dei Gennari, o come Paolo Antonio Paderna, anch’egli allievo di Guercino poi del Cignani. Il falsario non può essere nessuno di questi.
È infine lo stesso Giulio Zavatta a proporre un sospettato. Il primo a parlare di un falsario delle opere del Guercino fu il pittore e letterato Jacopo Alessandro Calvi: il veneziano Pietro Antonio Novelli (1729-1804), poeta, pittore ed incisore, aveva un figlio che si esercitava copiando i maestri. In casa vi erano i disegni del Guercino, che il padre aveva acquistato dai Gennari. Il giovane, mediocre sia come pittore che come disegnatore, ebbe successo come incisore. Si chiamava Francesco Novelli. Purtroppo non disponiamo di sue incisioni di opere del Guercino che costituiscano momenti di passaggio. Di lui il padre diceva che disegnasse contraffazioni fatte così bene che sarebbero state prese per autentiche. Probabilmente aveva ragione.
Francesco Novelli è il sospettato numero uno. Ma gli indizi rimangono insufficienti per affermare con certezza che il nostro falsario sia proprio lui. Assolto per insufficienza di prove.
Filippo Mancini