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Assistenza ai disabili, arriva una grossa novità. Chi mette a disposizione la propria abitazione per progetti di cohousing con altre persone disabili, può usufruire di importanti contributi per interventi strutturali sulla propria casa. “Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma, un passaggio culturale dal concetto di ricovero passivo in struttura a quello di semi autonomia in casa propria, condividendo attività e spazi con altri disabili” sottolinea il vicesindaco Gloria Lisi che ha partecipato ad un incontro con famiglie ed associazioni in riferimento al nuovo programma regionale del «Dopo di noi». Un tema di grande attualità ed interesse per tante famiglie. Essere assistiti e indipendenti è, infatti, la speranza di tanti disabili che preferirebbero al ricovero in struttura la possibilità di una vita il più possibile autonoma, sfruttando dove possibile anche gli spazi domestici. A Rimini, come in tutta l’Emilia Romagna, sono già attuate, laddove le condizioni fisiche della persona disabile lo consentano, soluzioni alternative all’istituto, come la propria casa di origine, o l’accoglienza in abitazioni, gruppi-appartamento e cohousing. Si tratta di numeri ancora ridotti, nel distretto di Rimini nord si parla di poco più di una decina di casi (a fronte di circa 130/140 persone inserite in strutture residenziali). Le proposte di intervento saranno vagliate da un gruppo tecnico regionale che dovrà esprimere il proprio parere in merito all’ammissibilità o meno dei progetti in base alla normativa di riferimento.
“Nuovi servizi per nuovi bisogni, questo è l’obiettivo che vogliamo perseguire concretamente – ha sottolineato la Lisi – mettendo a disposizione risorse per nuove forme di welfare comunitario. Nel concreto stiamo valutando, come Comune, di convertire il condominio precedentemente destinato ai papà separati in una nuova struttura di cohousing per disabili. Nel welfare la sfida della non autosufficienza è oramai centrale sia per l’invecchiamento demografico sia per la progressiva crisi delle reti familiari preposte alla cura. Non solo, diventa necessario uscire dal concetto di cura legato esclusivamente alle strutture e ragionare sempre più seriamente in termini di domiciliarità permanente, anche in caso di non autosufficienza per alleggerire la sanitarizzazione degli interventi. Questi contributi e il programma regionale sono una sperimentazione interessante che come territorio vogliamo approfondire a pieno insieme ai famigliari e alle tante associazioni che hanno manifestato interesse e disponibilità”.
Alberto Volponi