Un segno di speranza lasciato nel cuore dei giovani. Questo per Taizé il “risultato” più atteso dell’incontro europeo dei giovani che ogni fine anno la comunità ecumenica promuove in una diversa città d’Europa, quest’anno a Basilea, nuova tappa del “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, iniziato da frère Roger molti anni fa. Anche da Rimini alcuni giovani non hanno voluto mancare a questo appuntamento, in particolare un gruppo della comunità Papa Giovanni XXIII e quello che mensilmente organizza in Diocesi la “Preghiera di Taizè”.
“Un segno di speranza”, spiega in questa intervista fr. Alois, il priore della comunità di Taizé, “perché per i giovani oggi il futuro non è facile. Non lo è nelle nostre società, in particolare in Europa. L’auspicio è che questo incontro possa lasciare un segno di speranza”.
22mila giovani. È sorprendente che in così tanti decidano di trascorrere la fine dell’anno in preghiera e meditazione. Nel programma, momenti di preghiera, canto e silenzio. Credete davvero che ai giovani in Europa piacciono ancora queste cose e che sono in grado di mettersi “alla prova del silenzio”?
“Sì, è vero. Silenzio e preghiera sono difficili oggi da proporre ai giovani, perché cercano anzitutto di fare un’esperienza di amicizia. All’attenzione dei giovani proponiamo anche delle questioni molto concrete: problemi sociali, politici, dalla migrazione a come vivere la fede nei luoghi di lavoro e di studio. È tutto questo insieme che conduce i giovani a vivere momenti condivisi di preghiera e di silenzio. Ogni volta che abbiamo un incontro di giovani, in una città o anche a Taizé, siamo stupiti nel vedere che alla fine della preghiera liturgica, ci sono dei ragazzi e delle ragazze che continuano a pregare. Restano là, fermi, in preghiera attorno alla croce. È davvero sorprendente.
Che cosa è il silenzio?
Siamo tutti insieme, in migliaia anche. E facciamo silenzio insieme perché ciascuno possa soprattutto trovare dentro e fuori di sé un momento di pace. Un momento in cui non si deve fare nulla. Che chiede solo di essere semplicemente là. Essere là, in presenza di Dio. È questa l’esperienza che vorremmo far sperimentare ai giovani: essere insieme in presenza di Dio. Per i giovani diventa sempre più raro e difficile vivere un momento così di pace, in una vita dove anche se si è soli, si è sempre perennemente connessi”.
Con quale linguaggio vi rivolgete ai giovani perché il messaggio arrivi davvero nel loro cuore?
“Dev’essere un messaggio di gioia, una gioia che desideriamo non si spenga mai. La gioia di vivere. Domandiamoci: che cosa ci dà gioia nella vita? Una gioia che non è una fuga dai problemi. Ma al contrario, ci incoraggia ad affrontare le difficoltà e a metterci in ascolto del grido di chi è nella sofferenza. Quando c’è la solidarietà, anche se le situazioni sono difficili, c’è sempre la possibilità di vivere una gioia profonda”.
Basilea è una città che si trova nel cuore dell’Europa. Quale messaggio danno tutti questi giovani riuniti nel nome di Taizé all’Europa?
“Questo incontro è anzitutto il segno che i giovani vogliono vivere in Europa. Vogliono l’Europa. Vogliono poter viaggiare, incontrare, imparare un’altra lingua, andare a studiare e lavorare fuori. Vogliono che l’Erasmus non sia solo per gli studenti ma anche per chi deve intraprendere un apprendistato. Dunque è un segno che l’Europa è viva. Basilea è una città legata a tre Paesi. Si trova in una regione transfrontaliera condivisa da Svizzera, Francia e Germania. Ci sono stati giovani accolti non solo in Svizzera ma anche in Francia, in Germania. Per la prima volta l’incontro si è svolto contemporaneamente in tre Paesi. Mostriamo così all’Europa che esistono luoghi che ci dicono che non possiamo tornare indietro, la costruzione dell’Europa va avanti”.