Chiamatela complementare, non alternativa. La medicina naturale può affiancarsi a quella convenzionale nella prevenzione e nella lotta alle varie patologie, il che però non vuol dire escludere le cure e terapie classiche senza se e senza ma: “Spetta al medico decidere, in scienza e coscienza, il percorso migliore, convenzionale, naturale o integrato, in relazione alla diagnosi e prognosi medica della singola persona”. Su questo approccio innovativo, sposato dal nuovo poliambulatorio “TerraeSole” inaugurato poco più di un mese fa in via Melozzo da Forlì, a Rimini, come primo centro di medicina complementare, il dottor Marco Brancaleoni, direttore scientifico della struttura, è chiaro. Prima la persona, poi la cura, aspetto tutt’altro che scontato in medicina, sia tra i fautori di quella classica “e solo di questa”, sia tra i fautori delle cure alternative, che in certi casi, come ci raccontano le cronache, arrivano ad adottare metodi a dir poco singolari – ad essere buoni – nella cura di gravi infezioni come, addirittura, dei tumori.
Brancaleoni segue i segreti e i progressi dei rimedi naturali da molti anni, ancora prima dal boom dei giorni d’oggi.
Dottore, da dove nasce innanzitutto il vostro approccio di cura?
“Il punto di partenza è questo: la medicina complementare (fitoterapia, omeopatia, agopuntura, ecc.) non è qualcosa che va in sostituzione della medicina ufficiale normalmente riconosciuta. Fino ad oggi questi due approcci venivano visti come uno alternativo all’altro, inconciliabili. Oggi le cure naturali diventano una medicina che può invece associarsi, addirittura può avere delle priorità rispetto al resto. Dipende dalle condizioni del paziente e dal momento della vita in cui lo si affronta”.
Può portarci qualche esempio?
“Molto spesso ci sono piccole patologie funzionali, dei disturbi che nella medicina ‘ufficiale’ non vengono presi molto in considerazione perché non hanno un significato patologico (nella medicina convenzionale si interviene normalmente solo quando c’è una patologia già espressa). Un esempio è il colesterolo alto. Quando sale a 280-300 va corretto anche per la medicina classica mentre un colesterolo a 230-235 con un hdl sui 30-35, si tende a dire che non è ancora preoccupante, ad esempio, se il paziente è giovane. Invece no, va affrontato e ciò può essere fatto, così come per altri disturbi, semplicemente con l’uso di nutraceutici, derivati di piante a concentrazioni adeguate, senza l’utilizzo di farmaci tradizionali.
Allo stesso modo, queste sostanze possono essere utilizzate insieme ai farmaci tradizionali, proporzionate nelle dosi, conoscendo gli effetti delle une e degli altri, nel trattamento anche di malattie molto gravi. Nelle neoplasie troviamo degli esempi molto interessanti. Ci sono alcune cliniche di tutto rispetto a livello americano dove si adoperano insieme la fitoterapia, la chemioterapia e la radioterapia con risultati anche migliori rispetto a quello che può essere un trattamento con un unico farmaco”.
Ha parlato di cliniche americane, ma in Italia?
“Qualche esempio c’è. Al Santa Chiara di Pisa, il dottor Filippo Bosco, esperto agopuntore, associa a chemioterapia e radioterapia la fitoterapia e l’omeopatia con risultati brillanti, anche a distanza di tempo. E sono anche in corso degli studi all’ospedale di Pavia sull’associazione tra alimentazione chetogenetica (basata sulla riduzione dei carboidrati alimentari, ndr) e neoplasie a livello cerebrale. Sono tutte ricerche all’avanguardia che iniziano a produrre dati positivi”.
Spesso però sentiamo parlare di scelte estreme e fatali: donne, anche in questo territorio, che vogliono curare il tumore al seno con impacchi di argilla, o genitori, come accaduto mesi fa a Pesaro, con la morte di un bambino, che su consiglio di un esperto si ostinano a curare una polmonite solo con l’omeopatia. Dove sta il confine?
“Il rischio sta soprattutto nel terapeuta che deve saper riconoscere i suoi limiti, fino a dove può arrivare e cosa può associare. La preparazione deve essere del medico, questo è un punto fondamentale: non possiamo affidarlo né alle mode né al paziente che non ha conoscenza e che può dire solo «Io voglio fare questo» o «Mi rifiuto di fare quest’altro». Il medico a sua volta dovrà dire: «Se ti rifiuti di fare questo trattamento io ti posso dare questo rimedio, ma sappi che è molto limitativo». Il confine è dato dalla mia conoscenza e coscienza in quanto medico. Poi sarà il dialogo tra l’oncologo, il terapeuta classico e chi fa medicina complementare a tracciare il percorso terapeutico più idoneo per quella singola persona”.
Qualche esempio di nutraceutico efficace?
“Il riso rosso fermentato nella lotta al colesterolo alto, ma bisogna avere alcune accortezze: occorre essere sicuri che si tratti di prodotti di alta qualità, che seguano tutta una serie di regole. Penso poi alla berberina che ha un meccanismo d’azione importante sul colesterolo, che non va ad intereferire sulle azioni del riso rosso fermentato. La terza via sta nel modulare l’assorbimento degli zuccheri. Un altro esempio può essere quello della prevenzione dei mali di stagione andando a modulare il sistema immunitario: ci sono dei lieviti, detti plasmolisati, che hanno dimostrato, con tanto di letteratura, di avere benefici positivi se presi fin dai primi mesi, settembre-ottobre, e nel periodo invernale. Infine, sulle vie del dolore l’artiglio del diavolo può dare buoni risultati come anti-infiammatorio”.
Da quali mode e falsi miti stare invece attenti?
“Bisogna essere molto attenti ai nomi. Non posso dire che la curcuma o lo zenzero sono tutti uguali. Se voglio avere un effetto terapeutico devono essere principi attivi concentrati. Se si prendono in basse quantità non vuol dire che per forza facciano ottenere dei benefici. Attenzione anche agli anti-ossidanti come il resveratrolo: se presi ad alte dosi, rischiano di creare l’effetto contrario”.
E l’alimentazione?
“È fondamentale, come il nostro stile di vita. Date priorità ad una dieta di tipo mediterraneo, onnivora (una fettina a settimana non ha mai fatto male a nessuno), ricca di vegetali e verdure di stagione, queste ultime sono estremamente importanti. Tutti i cavoli in questo periodo sono da consumare in abbondanza.
Il vero male oggi sono i carboidrati raffinati che mangiamo in grandissime quantità. Dobbiamo avvicinarci all’integrale, ma ad un integrale vero possibilmente: non quello prodotto con farina macinata doppio zero più il cruschello, per intenderci. Piuttosto che lo zucchero di canna, poi, a volte è meglio usare lo zucchero normale, ma in quantità limitate. Quando lo zucchero viene assorbito il danno a livello di insulina è lo stesso”.
Alessandra Leardini