Scena numero 1: un gruppo di persone che gestiscono un’associazione non profit si ritrovano intorno a un tavolo e parlano di una bellissima idea da realizzare, una sala polivalente da donare ai giovani della zona, la possibilità di far lavorare chi ha bisogno, l’idea di creare un gruppo vivo di gente che faccia cose belle. Tutti felici, tutto bello e il guastafeste del gruppo che alzando la mano dice: “Ma dove li andiamo a trovare i soldi?”. Scena numero 2: ci spostiamo tra le mura di una parrocchia, solito gruppo di giovani che tira fuori un “fare” bello e positivo e il solito guastafeste – spesso il parroco – che alzando la mano recita la solita brutta, bruttissima frase: “Sì, ma dove troviamo i soldi?”.
Spesso è questo il problema di chi ha una buona rete di lavoro, tanti progetti per il sociale ma poche risorse per realizzarli. A volte si tratta di trovare un modo “creativo” per individuare una nuova via, inventarsi qualcosa; più spesso si tratta solo di trovare il modo giusto per intercettare dei finanziamenti o delle opportunità che già ci sono ma dei quali non si ha conoscenza. A questo punto entrano in campo delle persone e delle società che possono aiutare a fornire gli strumenti giusti per intercettare questi fiumiciattoli di denaro.
A livello nazionale ci sono diverse realtà che forniscono consulenze, una tra tutte “Le rose di Santa Rita” e quest’anno è stato anche istituito il primo master italiano in fundraising (raccolta fondi) dedicato agli enti ecclesiastici e alle organizzazioni religiose, un percorso di studi aperto a tutte le confessioni religiose per formare i nuovi manager della sostenibilità.
Sede delle lezioni a Firenze, ideatore Andrea Romboli, cesenate della Romboli Associati, un nome noto nel riminese per aver lavorato negli ultimi dieci anni con realtà come Luce Sul Mare, Fondazione San Giuseppe e Cooperativa Madonna della Carità (Caritas), solo per citarne alcune.
“Lavoriamo nel settore non profit da oltre 15 anni e abbiamo come riferimento scientifico la visione del Prof Stefano Zamagni – spiega Romboli – il quale posiziona il fundraising, non come una semplice attività marketing oriented, ma come un’attività su cui si costruisce il capitale sociale dell’organizzazione, attraverso l’attivazione e la valorizzazione dei cosiddetti beni relazionali”.
Ma che tipo di lavoro possono svolgere queste realtà? A rispondere è sempre Romboli: “Le realtà che si rivolgono a noi sono realtà che primariamente sentono il bisogno di individuare nuove modalità per finanziare i propri servizi oppure per rilanciare la propria attività”.
INTERVISTA – Alberto Cavalli, dai Beni culturali al fundraising
Alberto Cavalli, riminese classe 1985, ha iniziato la sua esperienza nel mondo del fundraising quasi per caso dopo la maturità classica e una laurea in Conservazione dei beni culturali.
Sin da giovanissimo ha sempre vissuto il mondo del volontariato con l’Azione Cattolica diocesana e finito il percorso universitario, dopo qualche anno di lavoro saltuario, nel 2013 gli è stata offerta una borsa di studio per frequentare il Master in Fundraising di Forlì. “Lì mi è sembrato che i pezzi del puzzle andassero a posto e mi sono letteralmente lanciato!”.
Alberto, chi si rivolge a te?
“Organizzazioni non profit di varie tipologie”.
Uno dei problemi che possono incontrare gli enti no profit può essere quello di individuare la loro forza e fare leva su quella per ottenere dei finanziamenti. In generale i tuoi clienti hanno un’idea chiara di quali sono le loro potenzialità e gli strumenti che possono spendere?
“Di solito, all’inizio no. Anzi il principale obiettivo del nostro lavoro è quello di rendere loro evidenti proprio quelle potenzialità che alle volte vengono perse di vista, per metterle a frutto in maniera corretta e quindi offrire possibilità di crescita e sviluppo. Gli strumenti sono “solo” l’ultimo passaggio, direi forse anche quello meno rilevante se vengono messi a punto a seguito di una corretta riflessione condivisa e pianificazione accurata”.
Che tipo di consulenza fornisci?
“La consulenza si articola in due passaggi, entrambi svolti insieme all’organizzazione. Una prima fase preparatoria in cui dopo aver definito un obiettivo economico, vengono delineati vari aspetti legati alla vita dell’organizzazione tra cui le principali sono una mappatura degli stakeholder, delle attività e delle azioni di raccolta fondi svolte in precedenza; al termine vengono definite delle attività agganciate a specifici sotto-obiettivi economici. Nella seconda fase si specificano ulteriormente le attività precedentemente individuate e si passa all’operatività vera e propria”.
Quali sono i costi dei tuoi servizi?
“Non c’è un tariffario fisso, i costi vengono definiti sulla base degli obiettivi e dei tempi necessari per portarli a termine”.
Cosa ti chiedono principalmente?
“Di salvare il mondo! Sto scherzando, ovviamente. Anche se un po’ c’è l’idea diffusa che il fundraiser, che sia quello che lavora internamente all’organizzazione, o il consulente esterno, abbia la bacchetta magica per sistemare velocemente e senza fatica tutte le problematiche relative alla sostenibilità dell’Onp. Purtroppo (o per fortuna!) non è così, l’organizzazione può salvarsi (tra virgolette) solo se al suo interno a partire dal direttivo c’è una reale volontà di farlo, di mettersi in gioco, di rimboccarsi per davvero le maniche a fronte di un progetto positivo e organico. In un tempo in cui si cercano scorciatoie e semplificazioni che risolvono i problemi solo in superficie, non mi sembra una cosa da poco!”.
Parlaci nel concreto di qualche progetto al quale hai lavorato.
“Sicuramente nell’ambito riminese uno dei progetti di cui vado maggiormente fiero è quello di Eticarim.it, il portale di crowdfunding creato da Banca Carim, che ho contribuito a far nascere e svilupparsi. Aldilà dei risultati estremamente soddisfacenti (in poco più di tre anni le organizzazioni che hanno presentato progetti sul portale hanno raccolto oltre mezzo milione di euro), questo progetto mi ha permesso di conoscere una grossa fetta del mondo del non profit riminese, collaborando con Volontarimini e tante Onp del territorio, ma soprattutto mi ha permesso di sperimentarmi e perfezionarmi dal punto di vista della consulenza, visto che il mio ruolo consisteva principalmente nel fornire il supporto e gli strumenti necessari alle organizzazioni, per pianificare e affrontare al meglio la loro raccolta fondi tramite il portale”.
Angela De Rubeis