C’è stato un giorno nella settimana passata che i telefoni de il Ponte hanno squillato a vuoto per tante ore. Tutta la redazione (compresi grafici e amministratori) era infatti “in ritiro” per la messa a punto del programma del prossimo anno. È un appuntamento che normalmente precede la giornata de il Ponte del 19 novembre. Il “metodo sinodale”, così voluto e ricercato oggi, non è nuovo al settimanale, che da sempre, dai tempi di don Terenzi, sceglie di elaborare insieme analisi e prospettive sul cammino fatto e da fare. Superato il 40° anno di vita, record assoluto fra i giornali riminesi, ci si avvia verso il mezzo secolo, ma con la grinta e la freschezza di un ventenne. Molte sono le novità in cantiere. Solo di alcune però svelerò ora i programmi.
La prima riguarda il pubblico giovanile, che molti ritengono perso per la carta stampata, immerso com’è ormai oggi nella Rete. In realtà i giovani leggono poco, perché di loro si scrivono solo stereotipi e soprattutto perché chi lo fa non usa più i loro linguaggi. Ecco dunque la scommessa. Andiamo a resuscitare il PonteGiò supplemento nato tanti anni fa, in occasione dell’Assemblea Chiesa e Giovani del 1979 (!). Strumento allora rivoluzionario e anticipatore, che ci diede anche qualche grattacapo con i benpensanti, perché esplicito nel dare voce ai giovani, alle loro difficoltà e a volte alle loro povertà. Il progetto è simile (pur nella differenza degli strumenti di oggi), perché sarà una redazione di soli giovani a gestirlo e si metterà al servizio del cammino diocesano del “Sinodo”, proprio nel momento in cui sceglie di “ascoltare” i giovani, ma per davvero.
In questa prospettiva PonteGiò può diventare un importante strumento anche per la scuola e gli insegnanti che interpretano il loro ruolo non solo come trasmettitori di nozioni, ma come educatori.
Altra linea su cui lavorare è la ricerca delle Buone Notizie, quella bella rubrica che noi titoliamo, da sempre, “Nonsolonera”. Lo sponsor principale di questo spazio è il Vescovo che normalmente utilizza le storie che raccogliamo e ci spinge a trovarne altre, sempre di nuove, di belle, di vere. Ha ragione lui. Con il clima che ci troviamo a vivere, in cui i violenti alzano ogni giorno la voce, sarà bene contrapporre e “far rumore” col bene, con ciò che costruisce. Se la foresta che cresce fa meno chiasso dell’albero che cade, bene, ci impegnamo a far l’opposto. Si chiama speranza e ne abbiamo bisogno tutti. A tutti e ciascuno dei nostri lettori chiediamo di aiutarci a dare visibilità a questo impegno, facendo conoscere e apprezzare il nostro lavoro ai tanti che ancora lo ignorano.
Giovanni Tonelli