Da un minimo di 80 ad un massimo di 400 euro mensili, in base al numero di componenti famigliari, accreditati direttamente su una carta acquisti prepagata. Funziona così il Reddito di Solidarietà (RES), il nuovo strumento anti-povertà varata dalla Regione Emilia Romagna per chi non riesce ad accedere al SIA (Sostegno Inclusione Attiva), la misura lanciata dal governo nazionale. Secondo i calcoli della Regione il RES potrebbe interessare un bacino di 80mila persone, circa 20mila famiglie: giovani coppie con tre o più figli a carico in serie difficoltà economiche, ma anche single e anziani (famiglie unipersonali non contemplate invece dal SIA) con bassissimo reddito. I requisiti? Almeno un membro della famiglia deve risiedere in uno dei comuni del territorio emiliano-romagnolo da almeno due anni e, soprattutto, l’intero nucleo non deve avere un Isee superiore a 3.000 euro. Altra conditio sine qua non, i beneficiari devono aderire ad un mirato progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo per un percorso di progressiva autonomia, pena la perdita del diritto al RES.
I dubbi. Dal 18 settembre scorso, le amministrazioni locali hanno iniziato a raccogliere le domande che vanno presentate allo sportello sociale del comune di residenza. Le prime richieste, affermano dalla Regione, arrivano da persone sole che non lavorano, “categoria” finora poco nota ai servizi sociali, e da famiglie con bambini.
Quello che però salta più all’occhio è la soglia molto bassa del reddito Isee (per il RES ma anche per il SIA) che, dicevamo, deve essere inferiore o uguale a 3.000 euro annui. Quante famiglie si trovano in queste condizioni? Non rischia di essere un requisito troppo restrittivo che lascia fuori un numero ben più ampio di famiglie in uno stato di povertà assoluta? O, visto da un’altra prospettiva, non rischia di premiare chi dichiara meno di quanto ha?
“Queste sono state le stesse nostre preoccupazioni. – afferma Isabella Mancino, referente degli Osservatori Caritas della regione Emilia-Romagna – Sappiamo che diverse Caritas parrocchiali hanno invitato le famiglie seguite dai Centri di Ascolto ad aggiornare il proprio Isee recandosi negli appositi uffici, proprio per poter fare domanda per il SIA o il RES. Sono strumenti comunque validi nel momento in cui il contributo economico è unito ad un percorso sociale e lavorativo che permetta ai beneficiari di arrivare a provvedere autonomamente alle proprie necessità”.
A Rimini, a una settimana dall’apertura del bando per il RES, erano già 100 le domande ricevute.
Ma, dicono dagli uffici di via Ducale, è ragionevole pensare che i potenziali utenti possano essere più di 1.000 nuclei, circa il 2% del totale delle famiglie residenti nel capoluogo. Da questo comune si applaude alla nuova misura che allarga i requisiti di accesso rispetto al SIA che si rivolge prioritariamente alle famiglie con figli minori e vede un investimento complessivo, da parte della Regione, di 35 milioni di euro. Ad oggi, in Comune a Rimini, sono oltre 300 le domande arrivate tra RES e SIA. Tre quarti potrebbero essere per il RES ma ancora non se ne ha la certezza: con i software messi a disposizione dalla Regione vanno incrociati i dati dei richiedenti con quelli dell’Inps.
Una buona notizia. In attesa dei dati definitivi, torniamo al nostro dubbio di partenza sull’Isee troppo basso. Un esame di coscienza da parte del governo nazionale c’è stato, su questo punto: dal 2018 il nuovo strumento anti-povertà a livello statale, il Reddito di Inclusione (REI) che sostituirà il SIA, partirà da un Isee di 6.000 euro annui. “Si amplierà così il bacino dei possibili beneficiari, per numero e categorie, e si aumenterà significativamente l’importo del contributo” affermano le Caritas emiliano-romagnole nell’ultimo report regionale 2016 sulle povertà. I beneficiari saranno gli stessi previsti dal SIA, oltre alle persone disoccupate ultra cinquantacinquenni, “con l’obiettivo dichiarato di renderla successivamente una misura universale”. L’innalzamento del valore ISEE a 6.000 euro sarà poi affiancato dai requisiti relativi ai patrimoni mobiliari ed immobiliari (esclusa l’abitazione principale) “non eccessivamente severi”.
Il beneficio sarà di circa 190 euro mensili per una persona sola, per salire fino a quasi 490 euro per un nucleo con 5 o più componenti. E maggiore sarà la durata del benefit: da 12 a 18 mesi. Invariata la conditio del “progetto personalizzato” volto al superamento della condizione di povertà.
Alessandra Leardini