Come cambia la produzione. Visita alla SCM, leader mondiale nelle costruzione di macchine per la lavorazione del legno, e non solo. Nuove prospettive sul fronte occupazionale. Perché i robot non sostituiranno, almeno qui, il prezioso lavoro manuale.
Con Giovanni Negri, giovane direttore industriale di SCM Group, chiamato alla fine del 2011 a gestire una fase di profondi cambiamenti, ci siamo incontrati alla festa delle Acli in occasione di una conferenza dedicata al tema del lavoro e dell’innovazione. Da qui è nato il desiderio di approfondire con lui proprio il tema dell’innovazione, ma soprattutto di cosa sarebbe stato SCM Group in versione 4.0, di cui tanto si parla. L’incontro, nella sede storica del Gruppo riminese, ha consentito di spaziare su molti argomenti, in particolare sui principali cambiamenti che hanno trasformato l’azienda, rilanciandola, dopo la crisi del decennio scorso. Perché il periodo 2009-2010 è stato un anno duro anche per SCM Group. La crisi finanziaria mondiale e quella di settore sono deflagrate insieme, creando non poche difficoltà alla principale azienda manifatturiera della provincia di Rimini. Che non si è arresa, ma si è trovata comunque di fronte alla necessità di intraprendere il cammino di una profonda revisione dei suoi prodotti e processi.
Addio prodotti di massa. Il mercato è cambiato e le produzioni di massa, tutte uguali, non funzionano più come un tempo. Devono cedere il passo a soluzioni sempre più a misura del cliente, cioè personalizzate. Il mercato migra dai grandi ai piccoli lotti di produzione. La conseguenza di questo cambiamento è piuttosto semplice: i clienti (Scm Group è partner di importanti industrie in vari settori, dall’arredamento all’edilizia, dall’automotive all’aerospaziale, dalla nautica alle lavorazioni delle materie plastiche, ecc.) chiedono sempre meno impianti rigidi e standardizzati, adatti a fare grandi produzioni di una sola tipologia di prodotto, e sempre di più linee di produzione flessibili, capaci cioè di adattarsi alla crescente variabilità e imprevedibilità dei mercati. Da qui la decisione di rinnovare completamente la gamma dei prodotti.
La “Fabbrica snella”. Ma non basta. Perché con il prodotto bisogna rinnovare anche i processi produttivi. Nasce così, sulla scia dell’esperienza giapponese, la SCM Lean Factory, la fabbrica “snella” che applica i principi di lean management e operational ex- cellence.
Di cosa stiamo parlando? La “fabbrica snella” è costruita su quattro pilastri: aumento del valore aggiunto in ogni processo aziendale, eliminando sprechi, disfunzioni, tempi morti, ecc.; la sincronizzazione dei reparti e dei fornitori, interni ed esterni, perché tutti siano impegnati per uno stesso risultato; la cadenza, che vuol dire capacità di adeguare, con flessibilità, la produzione alla domanda di mercato; zero difetti, che all’atto pratico si traduce nella disposizione che nessuno reparto produttivo deve accettare, nemmeno dal proprio fornitore interno, un pezzo difettoso. Questo per evitare di dover scoprire il difetto alla fine, quando la macchina è terminata e pronta per la spedizione, o peggio quando è già stata installata presso il cliente.
I risultati dell’applicazione di questo metodo sono visibili e molto concreti: dal 2011 al 2014, i difetti segnalati sono diminuiti del 65 per cento. Risultato che si traduce in prodotti migliori e maggiore soddisfazione del cliente.
E i robot? Nella SCM 4.0 del prossimo futuro i robot potrebbero sostituire alcuni operai e tecnici?
“Non prevediamo questo, per un motivo pratico: le nostre macchine non sono standardiz- zate e a volte prima di rifare lo stesso prodotto può trascor- rere più di un anno – spiega Negri -. Lungo una stessa linea di produzione di frequente corrono diversi modelli e i robot andrebbero riprogrammati ogni volta. Non sono fatti per noi. Quando c’è bisogno di flessibilità, il lavoro umano diventa insostituibile. Procederemo, invece, in maniera spinta sulla digitalizzazione di tutti i processi, a cominciare dalla circolazione delle informazioni interne, che attualmente vengono gestite ancora con supporti cartacei”.
E per quanto riguarda le vostre macchine, in quale direzione vi state muovendo?
“Si farà un ampio ricorso all’uso di sensori (internet delle cose) che consentiranno di avere un sempre maggiore controllo del loro funzionamento. Per esempio, essere avvisati in anticipo quando un pezzo si sta rompendo o ha bisogno di manutenzione, magari rendendo possibile l’intervento in remoto, meno costoso di un tecnico che va sul posto. Nuove macchine dove il software (la parte informatica) sarà tanto importante quanto l’hardware (i componenti fisici della macchina)”.
Novità sul fronte lavorativo. In funzione delle macchine del futuro il Gruppo è in procinto di lanciare il progetto SCM Digital Innovation Program che prevede, dopo una apposita selezione, di reclutare un gruppo di 6-7 giovani informatici ad alto potenziale, ai quali verrà offerta una formazione post laurea duale, alternando cioè studio e lavoro, della durata di due anni, ma da subito con contratto a tempo indeterminato. Questo perché, ci racconta sempre Negri, il mercato degli informatici, ingegneri e diplomati, in Romagna è assolutamente insufficiente, e i pochi che escono dall’Università di Bologna, anche dal corso di Scienze informatiche del Polo di Cesena, sono contesi dalle aziende del territorio già prima del conseguimento della laurea. Come sono carenti, per SCM Group, gli ingegneri meccanici, i collaudatori e i tecnici per il service. Forse – questo lo aggiungiamo noi – se i responsabili del personale delle aziende fossero chiamati più spesso nelle nostre università e istituti superiori ad illustrare le figure di cui hanno bisogno, la distanza tra mondo della formazione e quello delle imprese potrebbe essere minore, con vantaggio di tutti.