Secondo Brillat Savarin, uno dei padri della gastronomia, “se i tartufi costassero meno nessuno vorrebbe saperne, e il loro profumo diventerebbe puzzo”. Saranno dello stesso avviso le decine di migliaia di visitatori che nella domeniche autunnali prendono d’assalto Sant’Agata Feltria, una delle patrie deputate del Bianco Pregiato, esclusiva italiana e non riproducibile in coltivazione? “Quest’anno il prezzo del tartufo italiano potrebbe sfiorare gli 8.000 euro al kg per pezzature medio-piccole” fa notare il presidente dei Tartufai Italiani, Riccardo Germani. Il quale sposta subito il discorso sul ciclo biologico del tartufo che non è stato rispettato. La siccità estiva consigliava uno slittamento della stagione, invece “l’unica regione saggia a far aprire la stagione al 10 ottobre è stata l’Umbria”. Senza prodotto, il rischio è di rovinare le poche radici presenti. Ma così non è stato, e la Regione Emilia Romagna come da tradizione ha aperto i battenti per la “caccia” alle trifole il 1 ottobre.
La produzione 2017 però si annuncia scarsa. La siccità estiva ha impedito la fioritura del tuber magnatum pico, però “le piogge settembrine fanno ben sperare – è convinto l’esperto Marco Davide Cangini – in un ottobre più generoso”.
In ogni caso, gli otto tradizionali stand del Bianco pregiato, provenienti da diverse parti d’Italia, garantiscono comunque il prodotto già in queste domeniche di Fiera. Giunta alla XXXIII edizione, la manifestazione santagatese è un format ormai consolidato che associa tartufo a enogastronomia, spettacolo e animazione. Sant’Agata è un caso singolare. Se il tempo è clemente, la Fiera (che prosegue fino a domenica 29 ottobre) è capace di convogliare in cinque domeniche 200mila visitatori in un borgo di poco più di 2.000 abitanti, un record che neppure Alba, forte di una tradizione più antica, riesce a eguagliare (mentre Acqualagna è la prima piazza in termini di vendite). In Piemonte resiste però il primato per i maggiori affari commerciali.
I consigli per gli acquisti dell’«oro dei boschi» non sono mai abbastanza. E non è solo una questione di prezzo. “Prima di acquistare – è l’appello di Giancarlo Marini di Acqualagna, un vero “guru” del tartufo –toccate e annusate il tartufo. E non abbiate paura di prendere palline piccole, il sapore e le proprietà sono identiche a quelle grandi, ma il prezzo è inferiore, a meno che non dobbiate fare un regalo”.
L’attesa è di un bottino di odorose palline. I cavatori si sono buttati a capofitto nella raccolta, accompagnati soprattutto dai cani dall’olfatto prezioso, e armati di vangelle (i tipici strumenti da ricerca). Nella speranza di poter accompagnare la raccolta ad una buona qualità che sposi prezzi accessibili alle tasche dei consumatori, il discorso scivola sull’aspetto commerciale. Dal 1 gennaio 2018 un emendamento del governo impone la tracciabilità del prodotto e abbasserà l’Iva (attualmente al 22%) al 10%. Ma nel resto d’Europa è al 4%. Italia ancora maglia nera, dunque. E l’alta Valmarecchia patria del Bianco pregiato mentre annovera tanti cavatori (almeno un centinaio solo a Sant’Agata Feltria), latita un po’ sul versante della trasformazione del prodotto. Il solo Lorenzo Boldrini di Sant’Agata Tartufi è impegnato su questo odoroso e saporito fronte.
Paolo Guiducci