Chissà se ai suoi esordi di imbianchino, Ferruccio Colonna aveva sognato l’America. Di certo qualche pensiero lungo lo ha fatto quando, nel 1953 lo storico imprenditore sammaurese “si mette in proprio” – come si dice in Romagna – iniziando la produzione di vernici e pitture e poi decide, nel 1957, di trasformare la sua piccola azienda in Impresa Verniciatori e Affini Sammaurese.
Oggi i suoi eredi, ovvero i figli Werther (presidente del Gruppo Ivas), Vincenzo (Ad di Ivas e presidente di Aliva, dal 2013 al 2016 presidente di Confindustria Forlì Cesena), e i nipoti Filippo (direttore della divisione Metropolis) e Jacopo (capo progetto innovazione facciate ventilate di Aliva) dirigono una realtà internazionale che, pur mantenendo il proprio core business nella produzione di vernici, è andata ben oltre. Le pareti di 5 delle 32 stazioni della metropolitana di New York – per dirne una – sono firmate Aliva, che insieme alla capogruppo Ivas, forma il Gruppo IVAS, 140 dipendenti, 32 milioni di fatturato ed esportazioni attive in 30 paesi del mondo. Ma anche l’involucro dello store di Prada all’interno del centro commerciale Crystals Malls di Las Vegas deve la sua progettazione e ingegnerizzazione ai tecnici sammauresi così come la facciata dell’Oldham Leisure Centre di Londra, dello stabilimento Microsoft in Irlanda o della sede di Amazon in Lombardia.
Quello che stava a cuore a Ferruccio, racconta il nipote Filippo, trentottenne, era il legame con il territorio. E infatti la S di Ivas sta per sammaurese ed ancora oggi la sede dell’azienda è ben piantata in Romagna. Circa 20mila metri quadrati di stabilimento, situato poco lontano dal casello autostradale della A14, uscita Rimini Nord, dove Ivas produce qualcosa come 15 milioni di chili di vernice all’anno e gli ingegneri di Aliva operano nella progettazione e fornitura di sistemi per facciate ventilate. Nel 2015 TermoK8, sistema specializzato di isolamento termico, compiva 35 anni, superando i 35 milioni di mq applicati. Non di solo vernice ha vissuto infatti l’azienda. Alla fine degli anni ‘70, in anticipo su tempi e tendenze – si legge sul sito aziendale – fu tra le prime a lanciare sul mercato italiano il sistema di isolamento a cappotto, tecnologia nata in Germania e di cui Ivas diventerà leader italiana, superando la concorrenza di grandi multinazionali.
Nonostante i successi, la famiglia Colonna, costantemente in prima linea nella conduzione aziendale, salta da un aereo all’altro per stringere accordi che consentano al gruppo di proseguire la strada dell’internazionalizzazione intrapresa già dal lontano 1986 quando Ivas iniziò l’esportazione partendo dall’Europa, toccando i paesi dell’est fino ad arrivare in Russia, per approdare anche in Libia, Arabia Saudita, Kuwait, Tunisia, Algeria e Sud America. Alcuni anni dopo, siamo nel 1992, nasce Aliva. Dieci anni dopo viene fondato il gruppo. La vera e propria espansione all’estero, che di recente si è diretta anche verso gli Stati Uniti e ora guarda alla Cina – spiega Filippo Colonna – si è concretizzata negli ultimi dieci anni, un passaggio rivelatosi provvidenziale per superare il giro di boa della crisi. “Fino al 2012 il gruppo vedeva radicato il 98% del suo mercato in Italia e cresceva ogni anno a due cifre (+10%). Poi la caduta, in linea con l’andamento generale del paese (l’Italia ancora oggi ha un pil sei punti sotto il livello pre crisi) con una flessione fino a -15% durata per cinque anni. Oggi il rapporto si è invertito, grazie anche ad Aliva, il gruppo lavora per l’80% con i mercati esteri e per il 20% con l’Italia, il fatturato da un paio di anni si è stabilizzato e la tendenza – per quanto riguarda il settore dell’edilizia – pare che si stia finalmente invertendo. Per i prossimi tre anni contiamo di passare da gioco di difesa all’attacco. Ci si aspetta la crescita, i dati del primo semestre del 2017 sono stati incoraggianti, registriamo un +5%”.
Crisi, sottolinea il giovane Colonna, non è stato sinonimo di diminuzione del personale. Blocco della assunzioni, cassa integrazione e solidarietà sono state le misure che hanno permesso di non ricorrere a licenziamenti. Gli anni di anzianità media del personale sono 17, basso il turn over, il 15% del personale è laureato. Ma il futuro incalza e oggi è attiva la ricerca di figure di alto profilo sul fronte dell’ingegneria edile e meccanica, obbligatorio l’inglese fluente e la conoscenza di una seconda lingua. Tra gli impegni imminenti, la realizzazione delle facciate ventilate che rivestiranno la nuova linea 2 della metropolitana di New York, quella che corre sotto la Lexington Avenue.
Come si affronta il mercato estero?
“Con l’innovazione del prodotto innanzitutto, e con capacità manageriali. Sulle facciate ventilate siamo all’avanguardia, ci vengono riconosciute competenza e precisione ingegneristica. Ma anche dove le tecnologie sono più consolidate bisogna riuscire ad innovare. Stiamo studiando vernici autopulenti che, tramite le nanotecnologie, consentono di combattere lo smog o di assorbire la formaldeide dai mobili di casa. L’ultimo fronte della nostra ricerca riguarda vernici riflettenti in grado di respinge- re il calore. Potremo utilizzare i colori scuri anche sull’esterno degli edifici”.
In cosa deve migliorare il nostro Paese?
“Il cancro dell’Italia è la burocrazia che disincentiva gli imprenditori sotto tutti i punti di vista, con conseguenze disastrose. Gli stranieri non investono in Italia, gli ingegneri italiani sono i migliori del mondo ma preferiscono svolgere il loro lavoro altrove. Per non parlare del sistema scolastico, specialmente nell’ultimo tratto, quello dell’università”.
Mariaelena Forti