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Oziando si impara

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Pochi giorni a una nuova campanella. Riprende la scuola e con lei la corsa alle attività pomeridiane. Nuoto, danza, tennis, acquerello, taglio e cucito e chi più ne ha più ne metta. La disponibilità di corsi e laboratori per bambini oggi è talmente ampia e variegata da mettere in crisi genitori armati di ottime intenzioni, che spesso cedono alla tentazione di iscrivere i figli a più di un corso durante l’anno, anche a fronte di considerevoli sacrifici in termini di tempo e risorse economiche.
Nel 2009 lo scrittore britannico Tom Hodgkinson pubblicava un manuale per genitori in crisi da “iperattività” dal titolo Oziando si impara, indicando la via per una crescita serena della famiglia nell’ozio, inteso come cessazione dell’idea dell’educazione come corsa a ostacoli in favore del ripristino di un equilibrio che favorisca l’espressione della naturale creatività del bambino. Condizione perché ciò avvenga: la libertà.
Siamo certi, allora, che i bambini abbiano davvero bisogno di praticare tante attività pomeridiane per essere felici? E quali sono le attività migliori da proporre per ogni età? Ne parliamo con Maria Paola Camporesi, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo rogersiano presso il Centro per le Famiglie di Rimini, con esperienza di coordinatrice pedagogica di scuole d’infanzia per una cooperativa sociale riminese.

Lo chiamiamo tempo libero ma cerchiamo di organizzarlo in ogni modo: è giusto riempire i pomeriggi dei nostri figli di attività?
“La nostra è una società che corre veloce, dove il tempo libero è un bluff e raramente ce lo concediamo. Noi adulti non riusciamo a stare senza fare niente nemmeno il tempo di un semaforo rosso, subito prendiamo in mano lo smartphone. Dobbiamo comprendere, però, che l’infanzia ha altri tempi: il bambino esplora il mondo e l’ozio inteso come tempo libero per lasciare la mente libera da doveri, dove la mente si ricarica è un tempo buono. Il tempo dedicato a sé è un tempo in cui il pensiero può essere creativo. L’impegno del bambino è il gioco, che non è il giocare dell’adulto, ma un modo per conoscere ed esplorare il mondo. Allora, nella scelta di quali e quante attività proporre, chiediamoci prima di tutto: Quanto tempo ha il bambino per giocare liberamente? Quanto per scegliere liberamente come impiegare il proprio tempo? Un bambino libero si dedica ai suoi interessi, che possono tradursi anche nel seguire le file di formiche in giardino”.

Concedersi del tempo libero però fa aumentare il rischio di noia…
“Questo spaventa più gli adulti dei bambini. Oggi i tempi di attesa non ci sono più, una volta si era costretti ad aspettare, ora non più e molti bambini fanno fatica ad aspettare anche solo che l’adulto finisca di parlare. Il problema è che nella noia il pensiero vaga, ci chiediamo: Come stiamo? La frenesia ci fa creare sempre qualcosa, non siamo più abituati a un tempo di attesa, vuoto, pensiamo sia tempo perso mentre il vuoto può dare spazio alla creatività, al desiderio. Anche la frustrazione è limitata e per i bambini non c’è tempo di desiderare. Ad esempio, nella mia esperienza lavorativa incontro spesso ragazzini che, essendo sempre connessi sul web, dove c’è ricchezza di possibilità, come nel caso dei giochi online, varietà e velocità di esperienza, quando si staccano ritrovano una mente giustamente lenta e si annoiano”.

Quindi è utile ai bambini provare noia?
“Il tempo vuoto stimola la creatività, senza di esso non si può pensare cosa interessa, sentire disagio e chiedersi cosa fare, è la base dell’autostima. Naturalmente si tratta di una noia accompagnata, non di solitudine. In questo tempo il bambino può cercare una soluzione in autonomia e imparare ad autoregolarsi, in modo da non dipendere sempre da qualcuno nell’organizzarsi e scoprire cosa gli piace. Dobbiamo riconoscere al bambino il diritto al tempo del gioco, a stare nella noia con un adulto che lo accompagna e lo aiuta a capire cosa è giusto e cosa sbagliato”.

Ma i bambini sanno poi gestire la frustrazione che può derivarne?
“Chiediamoci piuttosto: Quanto reggiamo la frustrazione dei nostri figli? Quanto accettiamo che i bimbi abbiano una frustrazione? Le diamo un’accezione negativa ma è una risorsa se crediamo nell’importanza di fare i conti con il nostro limite.
Rispettare le regole, perdere: i bambini devono fare i conti con la frustrazione nella relazione coi genitori, coi coetanei, a scuola. È una palestra di vita. Come diceva Carl Rogers, occorre  riconoscere che il bambino è una persona diversa da noi con interessi, propensioni, abilità, fatiche ed emozioni differenti dalle nostre, per cui dobbiamo avere fiducia in loro e nella capacità di affrontare le frustrazioni della vita con gli strumenti che noi abbiamo fornito e che crescendo loro affineranno, accettando d’altra parte che ci saranno situazioni faticose per loro e che noi non potremo risolvere”.

Come riconquistare un po’ di sano tempo libero in famiglia?
“Nella relazione coi bimbi, prima di tutto l’adulto deve essere consapevole di sé. Ad esempio, quando stiamo organizzando un weekend, chiediamoci: Quanto la scelta è legata all’aspettativa che abbiamo, pur con buone intenzioni? In quel determinato posto il nostro bambino ha davvero bisogno di andarci? Se ha voglia di stare a casa, noi possiamo accettarlo? Abbiamo l’idea che si debba fare qualcosa anche nel tempo libero ma, per quanto le attività possano essere belle, chi ne ha davvero bisogno? L’adulto dovrebbe invece chiedere al bambino: Posso giocare con te? Questa è la grande possibilità che abbiamo: con loro possiamo “essere” più che “fare” ed è molto più importante la relazione di quello che facciamo. La relazione è impegnativa, in continuo cambiamento, fluida, ma ci dobbiamo essere facendo del nostro meglio, anche nello screzio, nel confronto, nel chiedere scusa. La grande difficoltà e la grande bellezza è crescere con loro e mettersi in discussione. Strutturare il tempo ci toglie la possibilità di stare con loro in questo modo, per cui si cerca l’equilibrio migliore che fa stare bene tutti nella situazione in cui si è”.

Alla luce di queste considerazioni, quindi, è un bene oppure no iscrivere i figli a corsi pomeridiani extrascolastici?
“Partendo dall’osservazione attenta del bambino che ha tempo per esplorare il mondo intorno a sé, si può capire quello che a lui piace e incanalare la sua attitudine accompagnandolo a un corso. La finalità deve essere quella di sperimentare e conoscere, senza cedere all’aspettativa di vederlo eccellere in qualcosa e accettando di buon grado che l’attività venga abbandonata quando non interessa più. Se la passione è personale e autentica non c’è dubbio che verrà portata avanti”.

Rispetto all’età del bambino quale consiglio può darci?
“Tendenzialmente, all’età della scuola d’infanzia il bambino deve poter giocare liberamente ed essere padrone del proprio tempo piacevole. Tuttavia, se ha già un’inclinazione e il genitore la coglie può essere proposta un’attività, ma con impegno limitato e giocoso, non ancora di tipo agonistico. Alla scuola primaria si possono proporre attività compatibilmente coi tempi scolastici, tenendo sempre presente il diritto al tempo libero per giocare. Usiamo quindi il buon senso, bilanciando il tempo del gioco e quello impegnato”.

Romina Balducci