L’Italia è una repubblica fondata sul buon cibo. Esagerato, certo, ma non del tutto falso. Una delle tante caratteristiche per le quali la nostra penisola è conosciuta in tutto il mondo è proprio l’arte culinaria. Non solo alta cucina ma, soprattutto, un’enorme tradizione del “fatto in casa”, delle cosiddette ricette della nonna, tutte differenti a seconda delle diverse zone del paese. Il nostro territorio ne è un perfetto esempio: le sagre dedicate alle più diverse specialità, soprattutto nell’entroterra, sono all’ordine del giorno. Per questi motivi, dunque, risulta estremamente strano il nuovo fenomeno che da pochi anni a questa parte si è manifestato in Italia, entrando prepotentemente a far parte della nostra quotidianità: il food delivery.
Stiamo parlando della nuova tendenza di ordinare il cibo a domicilio, non più occasionalmente, telefonando direttamente alle pizzerie o ai ristoranti, ma dal proprio smartphone, attraverso app specificamente dedicate. Un business che, già presente da tempo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ad oggi, muove in Italia un mercato da 400mila euro, secondo uno studio condotto da IlSole24Ore.
Ma com’è possibile questo? Gli italiani si stanno allontanando dalle proprie tradizioni? O è “colpa” della vita moderna, che lascia al momento del cucinare sempre meno tempo e spazio?
La mappa del cibo a domicilio
La risposta a queste domande arriva, probabilmente, dagli stessi operatori del settore. Vista la velocità e la potenza del fenomeno, Just Eat, uno dei leader mondiali nell’offerta di questo servizio, ha recentemente realizzato la prima “Mappa del cibo a domicilio in Italia”, uno studio finalizzato a scattare la fotografia generale di questa nuova tendenza nel nostro paese. Un’analisi a tutto tondo, che evidenzia diversi interessanti elementi: i gusti degli italiani, la situazione e l’evoluzione del mercato, i soggetti che usufruiscono di più dei servizi e i cambiamenti sociali che ne stanno alla base.
In generale, senza dubbio, la mappa evidenzia come gli italiani moderni siano un popolo che predilige mangiare (i clienti di tali servizi si aggirano attorno ai 10 milioni) a casa e che, soprattutto, desidera sperimentare molto. I cibi più richiesti, infatti, sono numerosi e variegati: oltre alla tradizionale pizza, molto diffusi sono gli hamburger, la cucina asiatica (sushi e cinese) e le piadine, oltre alla cucina indiana, greca e ai dolci, gelato in primis. Non necessariamente un aumento della pigrizia media. L’amore degli italiani per la buona cucina, dunque, non si è affievolito ma si è trasformato nella ricerca e nella sperimentazione di specialità straniere, complice un mondo che col tempo è sempre più piccolo e interconnesso.
Stili di vita
Lo studio di Just Eat focalizza l’attenzione anche su un altro elemento, ossia sull’influenza dei nuovi stili di vita sul maggiore o minore utilizzo dei servizi di cibo a domicilio. Coloro che ordinano con maggiore frequenza sono gli impiegati e gli studenti, rispettivamente il 40% e il 34% degli utenti generali. A seguirli, i liberi professionisti che, nonostante una percentuale più bassa (14%), sono i clienti che desiderano sperimentare di più, variando maggiormente nella scelta dei cibi. Espandendo il punto di vista, l’utente medio registrato non solo da Just Eat, ma anche dai suoi concorrenti, risulta essere sempre di età compresa tra i 25 e i 50 anni, con nessuna variazione o differenza nella quantità di utilizzo del servizio tra i sessi (50% uomini e 50% donne).
Tempo e… voglia
La vita moderna, lo sappiamo tutti, ha una differenza principale rispetto al passato: la frenesia. Le giornate di oggi sembrano avere meno ore rispetto a quelle di ieri, perché gli impegni sono aumentati, così come la velocità con cui farli, e il risultato è la sensazione di essere sempre in ritardo. Facile comprendere come in questo contesto sia sempre più naturale non avere tempo, a pranzo o a cena, di prepararsi con calma da mangiare. Ed ecco che i servizi di food delivery non possono che trovare terreno perfettamente fertile per germogliare e diffondersi. Ma non solo. Foodora, altra grande azienda del settore a livello globale, ha condotto una ricerca in merito. Dai risultati emerge che l’85,9% degli utenti italiani si affida ai servizi a domicilio per pura pigrizia, per non aver voglia di cucinare. È forse questo il dato più significativo per il contesto italiano, soprattutto se paragonato all’estero: il dato, nel resto d’Europa, scende e si ferma attorno al 65%.
Le tasche contano
Interessante, e fondamentale, è anche l’analisi sui costi dei servizi. Secondo Just Eat e Foodora, per ogni pasto gli utenti, in media, spendono una cifra compresa tra i 20 e i 30 euro. Dal punto di vista del tipo di utente, il più disponibile a spendere maggiormente è il libero professionista: 700 euro la sua spesa media annua, seguito dall’impiegato (647 euro) e dagli studenti che, dotati di minor potere d’acquisto, non vanno oltre i 347 euro all’anno.
Il nostro territorio
Anche la Romagna, e la Riviera riminese, non sono esenti dall’esplosione del fenomeno. Just Eat, l’importante realtà del settore, attiva in Romagna dal 2015 con ben 50 ristoranti partner, ha fatto registrare una grande espansione nel nostro territorio, crescendo a Rimini, Riccione e Ravenna, con nuovi ristoranti anche a Cervia e Cesenatico. Una crescita accentuata nell’arco dell’ultimo mese, in corrispondenza dell’inizio della stagione turistica: a partire dal primo Giugno, è stato registrato un incremento degli ordini, attraverso le piattaforme online, ai ristoranti della Riviera pari al 10%.
“Il risultato raggiunto nella riviera romagnola, località di vacanza molto amata da italiani e stranieri, ci rende molto orgogliosi, – le parole di Daniele Contini, Country Manager di Just Eat, in Italia – e ci auguriamo che i ristoranti della zona possano continuare il loro percorso di trasformazione digitale”.
Quali i Comuni più attivi da questo punto di vista? È proprio la nostra Rimini, assieme a Ravenna, a rappresentare la realtà più reattiva al fenomeno, con un’offerta del servizio molto varia, costituita da oltre 15 esercizi disponibili. Un business trainato soprattutto dai turisti, ma anche dai residenti delle seconde case che amano ordinare a domicilio tutto l’anno e che, anche quando si spostano per le vacanze, mantengono questa consuetudine.
Simone Santini