La sperduta giungla dell’Amazzonia nasconde le vestigia di un’antica civiltà, una città chiamata “Z” dall’esploratore Percy Fawcett, partito per il Sudamerica per rilevazioni cartografiche ma gradualmente ossessionato dalla possibilità di trovare qualcosa di sensazionale. Ispirato dalla figura dell’avventuriero britannico scomparso in circostanze misteriose nel 1925, oggetto di romanzo da parte di David Gann (dal quale il regista James Gray ha tratto la sceneggiatura), Civiltà perduta è ambientato agli inizi del Novecento, con ottusi membri della Royal Geographic Society di Londra rinchiusi nelle loro posizioni dominate da idee di civiltà che non comprendono affatto la possibilità di incontro con i “selvaggi”. Fawcett, invece, è sempre più disponibile all’incontro e alla convivenza con popoli lontani, al punto da tornare più volte in quei luoghi, alla ricerca della “sua” città misteriosa.
Civiltà perduta è un buon film d’avventura come non se ne fanno quasi più: girato in 35 mm. con schermo panoramico dimostra la coscienza puramente cinematografica di Gray che non ne vuole sapere di film girati con i cellulari o altri compromessi tecnologici. Al regista di Little Odessa interessa il cinema con l’anima e la sua testardaggine nel portare avanti questo progetto (sei anni di lavorazione con divi come Brad Pitt, rimasto come produttore, e Benedict Cumberbatch che hanno dato forfait) è esemplare. Cinema classico con attenzione privilegiata ai temi della scoperta, dello scontro di civiltà e della famiglia (Fawcett è sposato con figli, la moglie attende a casa, anche se vorrebbe partire con lui, e la lontananza crea inevitabili conflitti, soprattutto con il primogenito). Nel cast c’è un cameo di Franco Nero sperduto nella giungla.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani