“Da quando sono diventato maggiorenne ho sempre voluto fare un’esperienza del genere, andare a vivere con gli amici”.
A parlare è Marco, ospite di <+nero>Casa per noi<+testo_band>, un progetto che, insieme a «Vita indipendente», permette a persone con bisogni speciali di vivere esperienze protette di autonomia abitativa. Vengono chiamati ragazzi speciali, o ragazzi con bisogni speciali o con altre parole che indicano, in modo più delicato rispetto al passato, una differenza dalla normalità a cui facciamo troppo spesso riferimento. Ma il loro bisogno principale, come per tutti noi, è quello di potersi costruire una vita indipendente, appunto, un’esistenza che possa renderli felici, fargli fare quello che preferiscono. «Casa per noi» e «Vita indipendente» sono progetti promossi dalla associazione onlus Crescere Insieme, che si avvale dei servizi educativi della Cooperativa Sociale Il Millepiedi, in rete con i servizi sociali.
“Quando arrivo a casa non svuoto mai la valigia, almeno so che maglia prendermi dal bagaglio. – racconta Marco – Però sono contento perché questa è un’esperienza che già pensavo di fare, e quest’anno quando mi hanno proposto il progetto ho accettato”.
Marco sorride quando parla della sua pigrizia nel disfare la valigia, e va con lo sguardo a Giada Murgia, educatrice della Cooperativa Il Millepiedi.
<+cors>“Quando sono qui prendo spunto da Emanuele, che è qui da prima di noi e ha più esperienza. Lo faccio perché questa cosa mi piace e in futuro vorrei andare a vivere da solo”.
Emanuele è uno dei coinquilini di Marco, l’altro è Alberto. Assieme formano un gruppo. Il progetto è strutturato in fasi. Si comincia per piccoli periodi, fino a momenti di due settimane consecutive, a seconda dell’autonomia dei ragazzi.
“Quando sono a «Casa per noi» mi sento felice di essere libero, adulto, di stare con i miei amici, mentre quando sono a casa mi sento più solo e schiavo dell’informatica. – continua Marco, che è già al secondo anno di questa esperienza, e ha imparato tanto – Durante la giornata ci dividiamo in turni. La mattina io vado al lavoro, poi cuciniamo per pranzo, facciamo le pulizie e il pomeriggio stiamo assieme o facciamo la spesa. A pranzo e cena ci sono gli educatori con noi, gli altri momenti li passiamo da soli”.
Marco è felice, come mamma Silvia.
“Nonostante le paure, e le difficoltà ora è autonomo – dice – ed è sempre più sereno quando deve tornare a vivere da solo con i suoi amici. Aspetta che arrivi il momento di andare, parte tranquillo e torna sereno. Lo vedo molto più autonomo. Va anche da solo in bici. Io ho caldeggiato la sua partecipazione sin dall’inizio, e sono contenta che lui possa vivere questa esperienza”.
“Non è facile – interviene Marco – ma è bello crescere, anche se non sempre diamo retta agli educatori”.
Educatori che hanno un ruolo non solo professionale.
“Vivendo con loro i momenti di quotidianità e convivialità – dice Giada – si crea un legame fraterno, molto profondo. Marco ad esempio mi chiama mamma, dice che sono tirannica. In realtà il nostro compito è quello di accompagnare questi ragazzi e insegnargli a fare delle cose senza sostituirci a loro. Noi abbiamo il tempo necessario, mentre spesso all’interno della famiglia può essere difficile adattarsi ai tempi un po’ più calmi e lenti dei nostri ragazzi”.
Stefano Rossini