Stanno volgendo al termine gli interrogatori del processo di beatificazione di una delle “perle preziose” del nostro presbiterio riminese e, dall’altra parte, già si intravede l’alba del decimo anniversario della sua morte (2 novembre 2007-2017).
La Postulazione incomincia a fare il punto dei materiali raccolti e provenienti dalle persone e istituzioni che hanno voluto esprimere la loro stima e gratitudine per il sacerdote dalla tonaca lisa, in vista dell’apertura e dello svolgimento del processo.
Si tratta di lettere, testimonianze, messaggi, interviste, che esprimono l’“odore della santità”, più preziosa dei miracoli. È infatti il “profumo” che avvolgerà gli atti processuali quando saranno inviati a Roma, alla Congregazione delle Cause dei Santi, la quale vaglierà dal punto di vista teologico l’“eroicità” della vita cristiana di don Oreste Benzi.
Per sua gentile concessione e con il permesso degli autori, pubblichiamo alcuni estratti di lettere e testimonianze di personalità e personaggi noti, che hanno voluto manifestare la loro amicizia e stima al prete riminese e Servo di Dio.
Ernesto OLIVERO
Insieme alla moglie Maria Cerrato, Olivero è conosciuto come il Fondatore del Sermig di Torino (1964): il Servizio Missionario Giovani, ossia il “sogno” di eliminare la fame e costruire la pace, dando ai giovani un grande ideale di vita.
Da esso nasce l’Arsenale della Pace (1983): 45.000 mq che accolgono poveri di ogni genere (nella foto).
Ernesto è conosciuto anche come mediatore di pace in Italia e nel mondo. Tra le sue ultime pubblicazioni: Per una Chiesa scalza (2010); Giovani per sempre (2016); Il sogno di Dio: la Chiesa delle beatitudini (2006).
È venuto a Rimini in varie occasioni e nell’estate del 2016 ha incontrato a Viserba Mare la postulatrice, Elisabetta Casadei, che gli ha chiesto della sua amicizia con don Oreste. Pubblichiamo un estratto della testimonianza rilasciata.
Ci siamo trovati alcune volte, in alcuni convegni, e subito mi suscitava simpatia.
Era l’unico prete, tra quelli “famosi”, dal quale sarei andato a confessarmi e a cui avrei dato tutto il mio portafoglio.
Era un semplice cristiano e solo un semplice cristiano arriva a fare le cose che ha fatto lui; per cui se vedeva una donna persa, cercava non di redimerla, ma di aiutarla ad entrare in un’altra dimensione. La santità per me è questa; tutto il resto, le cose plateali non toccano la gente e lui non era certamente plateale. Le cose vere sono semplici e don Oreste era semplice, non era complicato. Lui non parlava a vanvera, ma ciò che diceva lo viveva.
Don Oreste era un cristiano vero: un contemplativo e un uomo d’azione.
La Chiesa avrebbe dovuto averlo già fatto santo, perché le sue azioni parlano per lui.
(dall’Intervista rilasciata alla Postulatrice, 11.07.2016)
Don Luigi CIOTTI
Don Ciotti è il fondatore del Gruppo Abele per il recupero dalle dipendenze (1973) e dell’Associazione Libera contro i soprusi delle mafie e la cultura mafiosa (1995). Lui stesso racconta che quando divenne sacerdote, il suo vescovo, il cardinale Pellegrino di Torino, gli affidò una parrocchia molto particolare: la strada.
Nel 2007 ha voluto essere presente al funerale di don Oreste.
Ho conosciuto don Oreste alla fine degli anni Settanta, quando capitava spesso che mi recassi a Rimini, invitato dalla diocesi e da monsignor Giovanni Locatelli, per incontri sul tema delle droghe e delle dipendenze. Un problema che stava assumendo dimensioni sempre più vaste e preoccupanti, e che don Oreste voleva capire, approfondire, per dare una mano alle tante persone, soprattutto giovani, che ne erano vittime.
Ricordo alcuni incontri con lui e alcuni suoi collaboratori, e proprio allora toccai con mano la grande passione e generosità di don Oreste.
Era un uomo di grande fede, animato da un’autentica, concreta attenzione per i poveri e gli ultimi, tanti dei quali ha accolto nelle case famiglia realizzate in anni d’impegno, luoghi di relazione e di dignità.
È stato un innamorato di Dio, un tenace portatore di speranza.
Mi accade di pensarlo e di ricordarlo: don Oreste, del resto, era una presenza “ingombrante”, trascinante, che lasciava il segno. E questo suo esserci perdura nel cuore, nelle coscienze e nella preghiera.
Lo prego di “pregare” per noi. Di aiutarci a proseguire con sempre maggiore forza verso quell’obbiettivo che, sia pure con stili e metodi diversi, abbiamo entrambi perseguito: la libertà e la dignità delle persone.
(Lettera alla postulatrice, 29.03.2017)
a cura di
Elisabetta Casadei