“Esprimere la concretezza del Vangelo aprendo le porte ad una famiglia di profughi”. È l’appello che papa Francesco ha rivolto al mondo intero, ormai più di un anno fa, alla vigilia del Giubileo straordinario della Misericordia. Un appello potente, carico di semplicità e concretezza, che molte realtà hanno raccolto attivandosi per darne risposta ed attuazione. Una di queste è la diocesi di Rimini, che lo scorso gennaio, grazie all’impegno di Caritas, ha lanciato il progetto Parrocchia Accogliente, con l’auspicio che ogni parrocchia del territorio si impegnasse ad accogliere nella propria struttura famiglie o piccoli gruppi di rifugiati, per garantire loro supporto ed integrazione. A distanza di un anno, come procede questo progetto? La risposta arriva dalle parole di tre gruppi di volontari che si sono impegnati nella realizzazione di questa iniziativa, operando per trasformare un auspicio in realtà.
Sant’ Andrea dell’Ausa – Crocifisso
Nella parrocchia Sant’Andrea dell’Ausa, un gruppo di volontari si è impegnato per accogliere un nucleo familiare di quattro persone: Kaled, padre sudanese (28 anni), Almaz, madre etiope (24 anni), Samar e Asil, due bimbe di uno e quattro anni.
“La gestione della famiglia è molto complessa – le parole di Roberto Marchetto e della moglie Mirella, referenti del gruppo – perché ci sono due bambini molto piccoli. Ma non solo. È un compito molto delicato perché questa famiglia ha una cultura diversa non solo rispetto alla nostra, ma anche dentro la coppia: lei, cristiana convertita all’Islam per il marito, arrivata in Italia si è trovata in un mondo più simile alle proprie origini.
Comunque, a distanza di un anno, l’esperienza è sicuramente molto positiva, oltre che impegnativa”.
Diverse le attività portate avanti dai volontari, inizialmente 18, poi ridotti a 6, a causa del grande impegno che tutto ciò ha comportato col passare del tempo. Le lezioni settimanali d’italiano, i tentativi d’integrazione nel territorio ospitante e gli sforzi fatti per l’iscrizione dei bambini alla scuola materna. Sforzi premiati visto che gli obiettivi sono andati a segno. E ancora, il sostegno nella ricerca di un inserimento lavorativo per il padre, che gli ha permesso di trovare un impiego, in tirocinio, presso un’azienda agricola a Sant’Andrea in Besanigo. Infine, il fondamentale sostegno economico: sono ben 11mila gli euro che la parrocchia ha messo insieme attraverso attività di raccolta-fondi per sostenere la famiglia, in attesa dei contributi statali. Scopo? “Garantire alla famiglia anche una vita dopo di noi. Non li lasceremo finché non saranno totalmente autonomi”.
Zona pastorale San Giovanni Battista
Anche la zona pastorale di San Giovanni Battista ha visto l’impegno di diversi volontari per l’accoglienza e il sostegno di quattro giovani ragazzi (24-26 anni). Ne parla il referente del gruppo, Gabriele Burnazzi: “La nostra è un’esperienza iniziata esattamente un anno fa, nel marzo 2016, con la costituzione della Commissione Accoglienza, formata da rappresentanti di tutte e cinque le parrocchie appartenenti a questa zona pastorale. Ed è proprio la commissione che ha organizzato e gestito tutte le attività di sostegno ai ragazzi, assegnando ad ognuno un tutor personale. Da dove abbiamo cominciato? Abbiamo organizzato dei corsi di insegnamento di italiano, gratuiti, perché la lingua è il primo grande scoglio, per poi passare a tutte le formalità necessarie per regolarizzare la loro posizione (assicurazione sanitaria e permesso di soggiorno). Infine li abbiamo assistiti nella ricerca di un impiego, che tre di loro hanno trovato grazie a contratti di Garanzia Giovani, mentre uno, e il che ci rende molto orgogliosi, è riuscito ad inserirsi nel Servizio Civile, dal settembre scorso”. Un bilancio? “C’è un senso di totale inclusione di questi ragazzi nella nostra comunità – continua Burnazzi – e la convivenza è, ormai, completamente naturale. L’ultimo passo da fare è quello di rendere questa situazione più omogenea in tutte le parrocchie della zona pastorale, perché, anche se le cose stanno funzionando, c’è tanto margine di miglioramento. So che non sarà facile, ma deve essere fatto”.
Zona pastorale di Morciano
Morciano non è da meno nell’opera di accoglienza. Anche qui, infatti, numerosi volontari, guidati da Luca Bellini e Massimo Gabrielli, referenti del gruppo, si sono rimboccati le maniche per realizzare l’auspicio del Santo Padre. “Nel corso di quest’anno – afferma soddisfatto Luca Bellini – non abbiamo riscontrato nessuna problematica particolare, e grande merito di questo è dei quattro ragazzi (25enni e 30enni) che abbiamo accolto. Sono fantastici, ragazzi pieni di voglia di fare, e aiutarli è un privilegio”. Anche per questo gruppo gli obiettivi principali sono stati due: l’insegnamento della lingua e l’affiancamento nella ricerca di un lavoro, che per due di loro è andata a buon fine. “Sono ragazzi che fanno di tutto per allacciare rapporti personali con gli italiani – continua Bellini – e io stesso, personalmente, sento di potermi definire loro amico, e non più solo ‘assistente’. Bisogna però sottolineare che queste nostre attività non rappresentano un servizio solo nei loro confronti, ma anche, e soprattutto, nei nostri, verso di noi e i nostri connazionali. Anche se è scomodo ammetterlo, viviamo in un ambiente fortemente connotato dal razzismo, che è sempre più diffuso e dilagante”.
E sono proprio esperienze come queste che possono cambiare la mentalità di tutti. Per dare una svolta. Vera.
Simone Santini