Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina; spesso, davanti alle chiese, donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro.
I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali…”.
Dal 1919 ad oggi. Qualcuno penserà che in questo scritto si stia parlando di immigrati stranieri in Italia oppure di zingari. In realtà si tratta della Relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani, datato ottobre 1919.
A Rimini, in questi giorni, è riesplosa la protesta dei cittadini delle varie zone di Rimini che non vogliono l’insediamento nel loro quartiere di una (una!) famiglia Sinti. La vicenda è conosciuta.
Il comune di Rimini grazie ad un bando regionale ha acquisito i fondi necessari a smantellare il campo nomadi di via Islanda, mancante delle normali condizioni di sicurezza e di igiene, e ha pensato di collocare le 11 (11!) famiglie Sinti in altrettante zone di Rimini. Molti cittadini riminesi non li vogliono come vicini di casa.
Una signora residente a Corpolò ha dichiarato alla stampa: “ Qui ci sono già due famiglie che in estate sono raggiunte da parenti e amici; non ne vogliamo altri”.
Dal 1919 sono passati 100 anni ma sembra che la storia non ci abbia insegnato niente.
di Cesare Giorgetti