Una ferita sanguinante”. Così l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e segretario della Conferenza episcopale umbra, monsignor Renato Boccardo, racconta la violenta scossa sismica – magnitudo 6.5, la più forte in Italia dal 1980 (Irpinia) – di domenica 30 ottobre, alle 7.41, con epicentro nella dorsale appenninica tra le province di Macerata e Perugia, che ha nuovamente gettato nel panico migliaia di persone, già duramente provate dai terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre. La scossa ha distrutto irreparabilmente significativi edifici storici di culto e numerose abitazioni private, in particolar modo della Valnerina-Spoletino ma anche di altre zone dell’Umbria come il Folignate, il Perugino e il Ternano. Norcia è una città in ginocchio, crollata la cattedrale di San Benedetto, la gente ha pregato in piazza davanti le macerie, come hanno mostrato i media nazionali. Le monache Benedettine e Clarisse hanno dovuto lasciare i loro monasteri inagibili per essere accolte nel monastero di Santa Lucia a Trevi, sempre nell’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia.
Cresce la paura.
“La gente è stremata, fragile psicologicamente, stressata da oltre due mesi di scosse”, spiega mons. Boccardo che ha raggiunto subito Norcia e gli altri centri abitati dell’Arcidiocesi per essere vicino alla popolazione. Amaro il suo commento: “Solo cumuli di macerie”. “ La paura e l’insicurezza ora sono cresciute ulteriormente. La popolazione è ferita nel fisico e nel morale. Qualcuno mi diceva che ‘non vale la pena ricominciare’. Ma non dobbiamo cedere allo sconforto. Accanto a questo c’è il dolore per le tante chiese distrutte e lesionate. Esse sono un patrimonio artistico ma soprattutto di fede. La gente del posto ha in esse la propria identità. Sono rimasto sorpreso nel vedere tante persone addolorate più per le proprie chiese crollate che per le loro case”.
Prima le persone.
Provati, commossi, impietriti davanti alle macerie molti vengono trasferiti presso il lago Trasimeno e sulla costa adriatica. Ma c’è anche chi non ha nessuna intenzione di lasciare le proprie attività agricole e di allevamento soprattutto nei centri limitrofi. “ È andato perduto per sempre il nostro inestimabile patrimonio di fede, di arte e di storia, – dice il Vescovo – ma adesso vengono prima di tutto le persone, le comunità civili e religiose alle quali la Chiesa è vicina con la preghiera e con gesti concreti di solidarietà. Il compito della Chiesa è quello di sostenere la speranza, ascoltare gli sfoghi e asciugare le lacrime. Con l’aiuto di tutti bisogna guardare avanti. Le parole servono a poco, le persone vanno abbracciate e incoraggiate a ripartire nuovamente”.
di mons. Renato Baccardo, vescovo di Spoleto-Norcia