Parole pesanti di Papa Francesco, alla celebrazione del Te Deum, nell’ultimo giorno dell’anno 2016: dobbiamo assumerci il debito che abbiamo con i giovani. Debito significa che io, personalmente, debbo restituire quanto non è mio. Debito perché la storia ci è data non per occuparla da padroni, facendo arrivare l’acqua al nostro mulino a scapito di tutti quelli che ci stanno intorno. Dobbiamo pensarci solidali, capaci di aperture che collochino i giovani al loro posto, quello pensato dal Signore. Non sono giovani posteggiati, messi in una nicchia a guardare che cosa succede. Devono essere attori, protagonisti.Questo suppone che gli adulti non rimangano chiusi, immobili a costruirsi il proprio benessere e dimentichino il momento in cui erano realmente giovani e cercavano il loro posto nella società.
Realmente perché l’effimero lo hanno creato gli anziani, tutti e tutte coloro che negano la loro età e la mascherano con artifizi proprio penosi. Anche perché non è l’aspetto che rende giovani, ma lo sguardo sul futuro. Ai veri giovani noi non concediamo la presa: lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani. Per conservarci un presente carico di ritocchi e di chirurgie estetiche abbiamo divorato il futuro dei giovani, non concedendo loro spazio vitale, respiri che, se plasmano l’oggi, hanno già delineato il domani. In fin dei conti, l’adulto rifatto è il peggior nemico del futuro perché si sta imbalsamando in vita mentendo a se stesso.
La ripercussione di una simile mentalità, cui conseguono scelte divoranti, ha creato delle spirali di morte in vita, cui è impossibile sottrarsi. Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano loro di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società. Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li “condanniamo” a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse.
Non è esagerato parlare di tragedia. Basta guardarsi intorno: chi giovane può contare su di un lavoro? Chi può pensare al proprio futuro con uno sguardo di certezza?
Li tacciamo di immaturità, ma il ritocco questa volta dovrebbe riguardare la cornea adulta perché la miopia è allarmante. Nelle nostre strade vediamo sempre più anziani, sempre più cani. Mancano i bambini.
Manca il futuro. I giovani hanno i piedi per terra: padri e madri vogliono diventarlo ma con la loro autonomia. Siamo noi a frenarli, a bloccarne le vie. Schiavi di apparenze, di risibili ritocchi.
di Cristiana Dobner