C’è poco da stare allegri. Uno sguardo appena attento alla condizione in Italia, come nel riminese, rivela un preoccupante deficit di legalità, per qualcuno ancor più allarmante di quello economico e della stessa mancanza di prospettiva di futuro per i giovani, elementi del resto che concorrono ad alimentare quel deficit. Le mafie, ogni giorno che passa, si insinuano sempre più nei gangli del tessuto economico, anche nostro. E lo fanno sparando sempre meno, e sempre più creando meccanismi di concorrenza sleale, alimentata dal riciclo del denaro sporco, che droga, prostituzione e commercio di armi continuamente forniscono.
Ma poi come non denunciare il “far giustizia da sé” e soprattutto “per sé”, cultura ormai propagandata dal populismo politico e da tanti media? Quella corruttela crescente, nascosta o palese, trasformata in “diritto” di fronte ai ritardi e alle inadempienze di uno Stato sempre meno capace di dare risposte soddisfacenti sul piano della tutela dei diritti fondamentali, dei servizi sociali, della garanzia di sicurezza pubblica (pensiamo alla crescita della microcriminalità).
Tutto questo provoca l’arricchimento di pochi e furbi e l’impoverimento di molti, perché comunque l’illegalità è un costo parassitario che toglie energie e risorse per lo sviluppo ed il benessere di tutti. E in questo il Sud è un parametro evidente di ciò che potrebbe accadere ovunque.
La risposta dello Stato (ma anche dell’Unione Europea) è di un’ulteriore burocratizzazione, con sempre nuove leggi e vincoli (spesso inutili e costosi), con una divaricazione ormai evidente fra legge e sentimento sociale.
Di fronte ad una illegalità diffusa la gente si sente sola ed ha paura e chiede che si alzi il livello di controllo, che non può però coincidere – come ritenuto nella mentalità comune – con la semplice tutela dell’ordine pubblico, ma va al di là e riguarda l’intera società civile, iniziando naturalmente dalla politica, da chi ha il compito di guidare la polis. Ma anche di ognuno, per le rispettive competenze. Con forme di partecipazione dei cittadini capaci di una vigilanza più consapevole dei propri eletti e di controllo della cosa pubblica… Occorre ricreare un humus di partecipazione, di capacità, creatività e gusto nella ricerca del Bene comune. Ma il compito più essenziale e urgente è di tornare ad investire nella cultura e nell’educazione dei nostri bambini, ragazzi, giovani in quei valori comuni, come quelli già ben descritti dalla nostra Costituzione, per la quale si è anche votato, ormai senza conoscerla più.
di Giovanni Tonelli