Su uno dei più grandi laghi italiani ci hanno fatto una passerella sull’acqua percorsa da 1.2 milioni di persone. A Rimini in mare a un centinaio di metri da riva ci hanno fatto un enorme parco di gonfiabili per grandi e piccini. E, anche se l’ingombro è assai ridotto, sempre in mare a Rimini ci è tornata l’altalena.
A Riccione, che non sia mai che sono da meno, hanno detto che dall’anno prossimo vogliono portare uno schermo cinematografico in mare.
L’acqua non è più terreno impraticabile: con un po’ di fantasia e spirito imprenditoriale evidentemente ci si possono fare tante cose. Eppure io mi fermerei qui. Non perché siano idee deplorevoli, che non sono mica le trivelle e poi si tratta di cose che si smontano a fine stagione. Ma ho sempre pensato che dove finisce la terra (o la sabbia) e comincia l’acqua, si apre qualcos’altro che appartiene a una dimensione da guardare con stupore e rispetto. Consapevole dell’impagabile fortuna di avere il suo spettacolo a portata di mano, mi piace pensare all’orizzonte come a uno spazio libero e infinito per far correre i pensieri al par di gabbiani e naufragare nell’immaginazione, solcato al massimo da qualche vela bianca. Basta con la poesia, troppo caldo. E lo so che il mare è anche il principale produttore di foto di albe e tramonti da pubblicare su Facebook, Twitter e Instagram. Ma ogni tanto, ve lo assicuro, è affascinante anche senza smartphone. Dicono del resto dei poeti contemporanei: “Tutto questo sbattimento per far foto al tramonto Che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo”. (J-AX e Fedez, ”Vorrei ma non posto” ndr).
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini