Con quella sillaba iniziale “pan” mi stava anche simpatico perché faceva venire in mente un prodotto da forno. Ma, avendo ormai da tempo superato l’età per le mense scolastiche e non avendo fortunatamente dovuto ricorrere a ricoveri ospedalieri negli ultimi anni (digitato con le dita incrociate, ndr), il pangasio non mi sovviene di averlo assaggiato. Oppure se l’ho fatto probabilmente non mi è rimasto impresso. Essendo proprio questa la principale virtù di questo pesce: il suo sapore inconsistente e anonimo che fa risaltare il suo accompagnamento, quale che sia. E poiché per i bambini e i degenti i sapori forti non sono l’ideale, ecco spiegato il suo successo (oltre che ovviamente per il costo). Ora in Regione sta procedendo una risoluzione, che per una volta ha messo d’accordo partiti solitamente abituati a dividersi su tutto, compreso che giorno è oggi, per chiedere che nelle mense scolastiche il pangasio sia progressivamente sostituito con il pesce azzurro delle coste emiliano romagnole. Non so se tra un anno il pangasio sarà effettivamente un insipido ricordo, ma è a lui che vorrei dedicare un particolare saluto di fine anno: a questo siluriforme abituato a nuotarsene tranquillo nelle acque dolci del Vietnam che un bel giorno è stato preso e portato a forza nelle cucine dell’altro capo del mondo, salvo poi essere rispedito un altro bel giorno a casa proprio perché non autoctono. Non è un pesce d’aprile, caro pangasio. Siamo noi che a volte nuotiamo contromano.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini