Il copione ormai è abbastanza collaudato. Succede un fatto grave che scuote l’opinione pubblica, qualcuno si chiede se si poteva fare qualcosa di più o di diverso per prevenire il fatto e qualcun altro, di solito quello deputato alla risposta, risponde indignato: non è questo il momento delle polemiche. E poi, con la fondamentale complicità dei media che mettono presto nel cassetto quello che per giorni ha occupato le prime pagine, del fatto non si parla più. Così per chi è chiamato in causa basta temporeggiare qualche giorno perché sa che il momento delle polemiche tanto non arriverà mai. Poi capita che uno per attraversare Rimini nelle mattinate della fiera debba metterci un’eternità, e allora si permette di chiedere: ma non si poteva fare qualcosa di più o di diverso per il traffico? E giù repliche: arrivano miriadi di persone a riempire gli alberghi e state lì a lamentarvi. Insomma, da una parte l’inflazione di polemiche montate ad arte (condividi se sei indignato!), se non vere e proprie bufale, che ha rovinato il mercato. Dall’altra il meccanismo tipo “specchio riflesso” delle elementari che chi è tenuto a rispondere ormai è abituato ad attivare. Fatto sta che, neanche se paghiamo le tasse, abbiamo più il diritto di lamentarci. E scusate se me ne lamento.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarinii