Nell’era della comunicazione simultanea, di twitter e instagram, anche il latino deve essere riposto in soffitta, tra vecchi mobili e oggetti in disuso?
Per Ivano Dionigi, intervenuto a Rimini a presentare il suo libro Il presente non basta. La lezione del latino, non si può far a meno di una “lingua franca” che ha attarversato i secoli. Per l’ex rettore dell’Università di Bologna quella lingua è una necessità ora più che mai.
Perché il latino è indispensabile?
“Non parliamo né di un reperto archeologico, né uno status symbol, né di un mestiere per pochi sopravissuti. Il latino è un «problema» nel senso etimologico, una «pietra», un «ostacolo» non evitabile, che può essere di inciampo o di protezione, non solo perché matrice della nostra lingua italiana, non solo perché segno della cultura della nostra Europa, ma soprattutto perché «tramite» linguistico del sapere di Gerusalemme e Atene. Un’eredità da conquistare per possedere,vale a dire un capitale da far fruttare e non già un patrimonio inerte da custodire. Riconoscendo in quella tradizione linguistica e culturale il momento sia fondativo sia antagonistico del nostro presente,la duplice dimensione dell’identità e dell’alterità. Di questa eredità fa parte la necessità di riabilitare la parola. Guardare il futuro è giusto e lecito, ma farlo senza guardare indietro sembra follia. Non è forse vero che, nell’era del web planetario, scontiamo il paradosso della minima comunicazione tra le persone? Le parole scorrono veloci e quasi mai ci soffermiamo per tararne il vero valore”.
Che cosa ha portato la svalutazione della parola?
“Nella società in cui dominano i moderni media, prevale il chiacchiericcio al posto del discorso, prevalgono gli uomini loquentes (che parlano), al posto degli eloquentes, di coloro cioè che sono capaci di coniugare la bellezza del discorso con la sapienza. La svalutazione della parola sacrifica un bene culturale e non crea socialità…”.
Come salvaguardarla allora?
“La cura della parola deriva dalla premura con cui noi la utilizziamo, evitare le parole banali, che ci porterebbero indiscutibilmente a imbastire discorsi scontati, piuttosto cercare di costruire pensieri elevati, a differenza di quelli che quotidianamente vengono elaborati. Siamo tutti presi dall’ecologia ambientale, io credo sia necessaria invece un’ecologia della parola. È infatti grazie alle parole che diventiamo più responsabili e silenziosi, capaci e partecipi della realtà che ci circonda”.
Come definirebbe il termine parola?
“La parola, prima ancora di essere considerata tale, è vocabolo. Solo nel momento in cui si instaura un rapporto tra il vocabolo e il significato, che noi attribuiamo ad esso, prende vita la parola. Per questo motivo è obiettivo del discorso tener ben saldo il significato delle parole, attraverso l’uso dei termini appropriati. Banalità e ripetitività, appesantiti dalla <+cors>brevitas<+testo_band> di Twitter, che nulla ha in comune con il latino, sono gli endemici nemici del buon dialogo, peculiarità umana, che senza il supporto del latino, peccherebbe di incompletezza.
A fronte della chiacchiera imperante e di una vera e propria anoressia del pensiero, il latino ci mette a parte di una triplice eredità: il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica”.
Dunque non è la lingua latina ad essere andata in crisi…
“Ad andare in crisi sono stati i classicisti (filologi che lo trattano da specialisti come lingua morta) e non il latino come lingua portatrice di una cultura”.
La lezione del latino, insomma, per Dionigi è sempre attuale, perché “Il presente non basta”, parafrasando il titolo del suo volume.
La lingua latina ha la capacità di operare distinzioni e individuare differenze, tra vero e falso, tra giusto e ingiusto, tra bello e brutto. Questa è la base per sviluppare lo spirito critico.
Una maniera di avvicinarsi all’eredità del latino è contenuta in una citazione del grande musicista Gustav Mahler: “La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri”.
Luisa Liguori / Enea Margini