“+ forza – rabbia – violenza = perdono” è lo slogan vergato su di una lavagna ancora tutta da scrivere. Da scrivere con la vita. Perché il perdono non è una equazione matematica ma – prima di tutto – una dirompente forza di amore che è capace di trasformare la rabbia, il rancore in speranza.
Questo è il singolare “piano di studi” di quell’altrettanto inusuale quanto necessario Ateneo che è l’Università del Perdono che ha preso il via ieri tra le colline riminesi nella “Casa Madre del Perdono” di Montecolombo e nella “Casa Madre della Riconciliazione” a Saludecio dove l’Associazione Papa Giovanni XXIII sperimenta dal 2008 un percorso con carcerati in cerca di riscatto. Era stato il Vescovo di Rimini a ribattezzare la Casa “Università del Perdono”, e proprio dalla spinta di mons. Francesco Lambiasi si è partiti in questo umanissimo, rivoluzionario percorso.
Se odio e rancore cedono il passo al perdono – lo dicono gli esperti – la persona è meno vulnerabile psicologicamente, ha minor bisogno di ricorrere a farmaci e spende meno in avvocati.
L’originale scuola di vita proposta dall’Università del Perdono (aperta nel 2012), domenica 22 gennaio (alle 9.15) allestisce una nuova lezione dal titolo provocatorio: “UNA GIUSTIZIA imPOSSIBILe”. Spiazzante per chi non accoglie la possibilità che perdonare non vuol dire dimenticare ma restituire uno spazio di libertà a chi si è macchiato di un crimine.
A tracciare un profilo di una “giustizia capace di umanità che progetta il bene” sarà Luciano Eusebi, professore ordinario di Diritto Penale all’Università Cattolica di Milano.
“Perdono è termine umanamente non del tutto esplorabile, specie per chi toglie una vita. Ma va fermata la spirale dell’odio” diceva Giancarlo Randi, il dirigente d’azienda bolognese al quale hanno ucciso la moglie.
Testimonianze che perdonare non solo è possibile ma amplifica la vita arrivano anche da Claudia Francardi e Irene Sissi: interverranno anche loro a questa Università del Perdono che “aumenta” il numero dei propri “iscritti” e dunque sperimenta quest’anno anche modalità nuove e un nuovo luogo d’incontro, più grande e facilmente raggiungibile: la Colonia Stella Maris, a Marebello di Rimini (viale Regina Margherita, 18. Tel. 348.2488102; 338.4696116).
Per diverso tempo queste donne sono state la mamma di Matteo e la vedova di Antonio. Poi, dopo una giornata in spiaggia insieme a parlare, Irene Sisi e Claudia Francardi sono diventate semplicemente Irene e Claudia. Anzi,“sorelle che si sono scelte”. Il figlio di Irene, Matteo Gorello, aveva 19 anni quando, il 25 aprile 2011, dopo essere risultato positivo all’alcol test durante un controllo dei carabinieri, in provincia di Grosseto, aggredì più volte con pugni e bastoni Antonio Santarelli, che morirà dopo un anno all’ospedale di Imola. Il dolore personale e di natura diversa ha unito queste due donne che hanno iniziato un percorso di perdono, fino a fondare – due anni fa – l’associazione AmiCainoAbele. “Mettere insieme famiglie delle vittime e famiglie dei rei, aprire uno sportello che si occupi di entrambi questi due pianeti, tenuti sempre separati. Ma tra gli obiettivi dell’associazione c’è anche il ricollocamento lavorativo degli ex detenuti e il sostegno psicologico e legale gratuito a chi finisce in queste situazioni”.
Giorgio Pieri, responsabile della Casa Madre del Perdono: “i nostri ospiti, i recuperandi, prima di essere carnefici sono vittime di qualche ferita. Quando prendono coscienza di ciò e del male che hanno fatto, la loro vita – e di quelli che gli sono accanto – si trasforma. La vita di condivisione con i carcerati e con le vittime di violenza – prosegue – ci suggerisce di continuare questa tematica nella speranza che la proposta del perdono acquisti una dimensione sociale e possano sorgere sempre più realtà ove il perdonare diventi pratica normale e possibile”.
Paolo Guiducci