Una sfida con se stesso. Mettersi in gioco per capire di che stoffa era fatto. Se tutti gli studi che aveva compiuto erano davvero serviti a qualcosa. Prima la Svizzera, poi la Francia. Francesco Bullini, 40enne riminese, ha lasciato la sua città ormai da diversi anni, una scelta che non rinnega affatto. Perché stare lontano da casa lo ha aiutato a crescere: umanamente e professionalmente.
Francesco, partiamo proprio dalle informazioni base: dove e cosa hai studiato?
“Dopo le scuole medie ho deciso di iscrivermi al Liceo Scientifico «Serpieri» e da lì, una volta diplomatomi ho frequentato la facoltà di Ingegneria Informatica a Bologna”.
Perché hai deciso di andare all’estero?
“Mi ha spinto la curiosità, il desiderio di crescita professionale e di mettermi alla prova in realtà e culture differenti. Per ora posso dire che ho fatto bene, infatti ho imparato tante cose, in ambito lavorativo, personale ed interpersonale, che non credo avrei imparato se fossi rimasto a vivere vicino ai luoghi dove sono cresciuto. Ho sempre pensato ad un’esperienza di lavoro all’estero e quando ho trovato una posizione lavorativa di qualità ho preso la decisione di abbandonare le comodità e i divertimenti dell’Italia e di Rimini e di prendermi qualche rischio per andare incontro a qualcosa di cui non avevo alcuna esperienza”.
Prima la Svizzera, adesso la Francia.
“Esattamente. A inizio 2013, dopo l’ennesima esperienza in Italia, ho chiuso le valigie e sono andato a Ginevra dove ho lavorato come ingegnere informatico in un’azienda impegnata nel settore dei droni e dei sensori di distanza. Da un anno, invece, lavoro nei pressi di Parigi, come Senior Software Engineer nel dipartimento di ricerca e sviluppo di una software house internazionale con sedi a Londra, Boston, Singapore, Parigi e Nantes e multietnica: i dipendenti appartengono a 17 diverse nazionalità. Realizziamo applicazioni CRM (Customer Relationship Management) sfruttando algoritmi di intelligenza artificale per estrarre il significato dalle conversazioni (email, facebook, twitter, etc) tra i clienti e le aziende. In particolare, forniamo prodotti specializzati per supportare il lavoro degli agenti nei contact centers. Qui, a differenza di Ginevra dove parlavamo solo inglese, lavoro principalmente in francese, lingua che ho dovuto imparare da zero. Inoltre il settore informatico in Italia rende molto meno rispetto ad altri paesi Europei e la situazione non sembra migliorare”.
Cosa ti manca di più dell’Italia e di Rimini?
“La vita all’estero e i cambiamenti (casa, lavoro, lingua, burocrazia, etc) riducono il tempo a disposizione, di conseguenza vedo molto meno i miei genitori e i miei amici. Torno a Rimini due o tre volte all’anno per le feste che trascorro insieme ai miei parenti. La distanza regala chiarezza, infatti si resta più tempo soli e si ha più tempo per pensare, lontani dalla confusione e dalle distrazioni; rafforza gli affetti e fa interrompere quei rapporti che non sono essenziali. Oggi ho la fortuna di lavorare in una delle città più belle al mondo. Parigi offre una moltitudine di risposte ad ogni tipo di interesse. Arte, cultura, sport, eventi sociali, incontri interessanti, divertimenti, tecnologie innovative, incubatori di startup, meetups su qualsiasi tema. L’unica cosa che le manca è, banalmente, il mare: d’estate, per la vita da spiaggia e d’inverno, per le corse che amo fare sul bagnasciuga ascoltando il fragore delle onde rompersi richiudendosi o infrangendosi sugli scogli oppure anche solo per guardare l’orizzonte senza incontrare alcun ostacolo. Il mare rappresenta tante cose allo stesso tempo, come il relax, il dissolversi delle tensioni, il divertimento e il contatto con la natura. Sempre su questo tema, a Parigi mancano completamente i campi da beachvolley al coperto. Il beachvolley è il mio sport preferito, ci gioco da tanti anni e dovervi rinunciare nei mesi invernali mi pesa un po’. Questo però mi ha fatto scoprire altre attività o altri sport non meno divertenti, come ad esempio il tennis, lo sci, l’aikido o l’arrampicata”.
Torneresti in Italia?
“Difficile rispondere… dipende a quali condizioni. Amo il mio paese, ma la vita che conduco da quando sono partito è più interessante, più appagante e più ricca di stimoli e non sarà facile tornare indietro”.
Francesco Barone