“Devota incompetenza: è la formula coniata dal Censis per sintetizzare il rapporto degli italiani con il Vangelo, in genere ridotto ad un libro in bella mostra sugli scaffali di casa ma quasi mai degno di essere sfogliato. Il Vangelo secondo gli italiani”, come recita il titolo del rapporto-ricerca presentato nei giorni scorsi, è un libro, insomma, da “comò”, la cui conoscenza si riduce a spigolature e reminiscenze catechistiche sulla vita di Cristo, anche per chi frequenta abitualmente i circuiti ecclesiali. Del resto scriveva Paul Claudel: “I cattolici mostrano un così grande rispetto nei confronti delle Sacre Scritture che se ne stanno il più lontano possibile”.
Nell’indagine unica sorpresa in controtendenza: l’interesse suscitato tra i giovani.
Ne abbiamo parlato con don Davide Arcangeli, incaricato dell’Apostolato Biblico in Diocesi.
La recente ricerca del Censis mostra che quasi il 70 per cento degli italiani possiede una copia dei Vangeli, ma poi quasi un 50 per cento degli italiani non sa quanti sono i Vangeli canonici. Come valutare questo dato?
“È un dato sconfortante. Ritengo tuttavia importante non fermarsi ad una denuncia dell’ignoranza degli italiani ma allargare la riflessione, incrociando anche ulteriori dati. Secondo la ricerca sugli italiani e la Bibbia del 2014, condotta da un pool di esperti, tra cui Ilvo Diamanti, l’82 per cento degli italiani possiede una Bibbia a casa. Se tuttavia a dichiarare di avere una copia dei Vangeli sono il 69 per cento degli italiani, ciò significa che c’è una quota notevole della popolazione che non sa che i Vangeli sono parte della Bibbia. In effetti coloro che non attribuiscono i Vangeli alla Bibbia sono circa un 21 per cento degli italiani, secondo l’indagine di Diamanti. Il dubbio è che ciò non sia solo il frutto di ignoranza informativa, ma anche di una concezione del cristianesimo, che espelle da esso l’Antico Testamento e le radici ebraiche. Non a caso secondo Diamanti per il 93 per cento degli italiani la Bibbia è un testo cristiano e solo per il 45 per cento un testo ebraico”.
Dunque non si tratta solo di una “devota incompetenza”, secondo l’espressione di De Rita, ma di una concezione che sgancia il “Vangelo” dal suo radicamento biblico. Quali le cause?
“All’inizio del XX secolo Adolf von Harnack in un testo classico sulle origini cristiane, intitolato L’essenza del cristianesimo, riduceva il fenomeno cristiano ad un nucleo di valori etici, “depurati” dalla rivelazione biblica. Esattamente quello che ritiene oggi il 62 per cento degli italiani, secondo il CENSIS. Questa operazione culturale condotta dall’esegesi liberale, a un secolo di distanza, può dirsi sostanzialmente riuscita e costituisce una sfida enorme per la Chiesa, di fronte a cui non bastano certamente più la catechesi dell’iniziazione cristiana e l’insegnamento della religione cattolica nella scuola”.
Se certi percorsi ecclesiali segnano il passo, quali vie si potranno percorrere?
“Riattivare l’interesse per il Vangelo significa anzitutto scoprirlo come un annuncio vivo, che parla al presente dell’esistenza di ciascuno e non solo come un monumento culturale della tradizione. Una volta compiuta la prima scoperta, l’innamoramento, è necessario introdurre al mistero della Parola di Dio e al suo radicamento biblico, perché Gesù è morto e risorto al terzo giorno secondo le Scritture (1 Cor 15,3-4). Sono quindi importanti percorsi “mistagogici” nelle Scritture, che ne facciano comprendere l’unità dialogica dell’Antico e del Nuovo Testamento e il suo radicamento nella rilettura profetica della storia di Israele e nella riflessione sapienziale. Con essa si possono poi confrontare le grandi domande dell’uomo di oggi sulla vita e la morte, sul senso del dolore e sulla giustizia, a partire dai libri dei Proverbi, di Giobbe e Qohelet fino ad arrivare al libro della Sapienza”.
Qualche segnale positivo in questa ricerca arriva però tra i giovani, che sono i più informati a riguardo del Vangelo, perché almeno per il 50 per cento lo leggono (contro il 36 per cento degli adulti). Come interpretare questo segnale?
“La lettura del Vangelo indica certamente un interesse vivo, da parte di chi è alla ricerca di una strada nella propria vita. Penso che la Chiesa dovrebbe intercettare maggiormente le domande dei giovani stimolandoli ad una lettura libera e provocatoria del Vangelo, che metta in gioco la loro immagine di Dio a confronto con quella rivelata da Gesù. Infatti i giovani oggi leggono il Vangelo da soli e al di fuori dei circuiti ecclesiali, anche quelli praticanti. Essi tentano così di farsi una fede “su misura”, perché spesso nella Chiesa non incontrano stimoli ad un confronto serio e capace di accogliere le domande vere. Le nostre convivenze e i nostri campeggi dovrebbero fare maggiormente incontrare la Bibbia con i giovani. Potremmo utilizzare di più anche l’arte: la ricerca del Censis dice che tutti gli italiani senza eccezioni – dunque anche i giovani- conservano nel loro immaginario l’ultima cena o la natività. Si potrebbe ripartire dall’arte visiva e musicale, dal teatro e dai metodi interattivi per aiutare i giovani a riscoprire il vero fondamento di queste immagini tradizionali, ossia il mistero della persona di Gesù, morto e risorto il terzo giorno secondo le Scritture”. (r.e.)