Aumenteranno gli stipendi degli ex provinciali? “Lo stiamo valutando”. Quando si saranno assestate le aree vaste? “È un processo lungo”. E i servizi al cittadino? “Lavoriamo per evitare che riaccadano contraccolpi”. Il riordino delle province, a due anni dall’entrata in vigore della legge Delrio, non si è ancora assestato. Non solo: esso potrebbe subire ulteriori capovolgimenti di fronte con il prossimo Referendum del 4 dicembre. Il mensile TRE – TuttoRiminiEconomia, che torna in edicola e agli abbonati con il prossimo numero de ilPonte, cerca di fare il punto della situazione: lo smantello degli Enti provinciali è effettivamente convenuto al cittadino? Di seguito un’anticipazione dell’inchiesta.
Cosa è cambiato. Venduta dai governi Monti, Letta e Renzi come una soluzione per far risparmiare denari allo Stato (ergo ai contribuenti), la riforma non ha previsto una cancellazione vera e propria delle province, quanto un ridisegno dell’assetto istituzionali dei territori. Le strutture provinciali non sono infatti scomparse. Semmai hanno cambiato datore di lavoro i suoi dipendenti, passando dalla Provincia alla Regione. Quelle istituzioni che prima avevano un forte carattere provinciale – come Protezione civile, Centri per l’impiego e Arpa – sono state riunite in agenzie regionali. Cosa è stato eliminato del tutto? Giunte e consigli provinciali, ovvero il personale eletto dai cittadini. Si mettano allora su un piatto i soldi risparmiati sulle indennità del personale politico, sui tagli alle province e con l’unione di alcuni servizi. Dall’altra parte si pesino la confusione generatasi negli ultimi anni sul chi-gestisce-che-cosa (con relativi disservizi per i cittadini), l’allontanamento dai territori dei centri decisionali (come quello per il lavoro) e il possibile aumento dei salari per gli ex dipendenti provinciali. Riuscire ad affermare con certezza se sia convenuto o meno smantellare il precedente sistema governativo risulta ad oggi azzardato.
Come ha vissuto Rimini questa transizione? Il Segretario generale per la Funzione pubblica della Cgil di Rimini, Elisabetta Morolli, è convinta: “Ai cittadini non è affatto convenuta questa operazione. La Provincia si occupa di funzioni importanti come l’osservatorio per le cooperative sociali e gli appalti, la manutenzione delle strade e delle scuole. Da due anni non ci sono più risorse per queste materie e i disservizi sono sotto gli occhi di tutti. Se non si monitorano gli appalti, ad esempio, si offre terreno fertile all’illegalità e alle mafie”.
Per Morolli, “la Provincia di Rimini era giovane, ma funzionava bene. Sono stati eliminati, sì, i politici (tra l’altro mi piacerebbe sapere come sono stati reinvestiti questi tagli), ma ha trovato la fine anche un importante organo come il coordinamento pedagogico provinciale. Per non parlare della batosta subita dal Centro per l’impiego (Cpi) di Rimini che è sempre stato un’eccellenza nell’avvicinare la scuola al mondo del lavoro. Invece di esportare queste buone pratiche verso altre province amministrate in malo modo, il legislatore ha preferito azzerare tutti e smantellare uffici che avvicinavano il cittadino alle istituzioni”.
I lavoratori. Sono oltre 1.200 i componenti dell’ex personale delle province emiliano romagnole che hanno cambiato casacca. A Rimini sono 94, di cui 19 passati ad Arpa e 75 alla Regione. L’incertezza grava per quelli rimasti in capo al vecchio ente. “La Provincia esiste ancora, ma come ente fantasma – prosegue Morolli -. Al suo interno lavorano persone che non si sentono valorizzate, in attesa di capire come la Regione intenda riorganizzare i servizi. Va altrettanto male per i 7 precari del Cpi: la loro sorte è incerta”.
È vero che aumenteranno i salari di chi è passato alla Regione? “Per ora non sono diminuiti, ma ancora non si sono stabilizzati e si sta lavorando per omogeneizzarli a livello regionale: un processo che durerà 3 o 4 anni. I fondi provinciali per la parte variabile degli stipendi (quella relativa ai premi di produttività e alla responsabilità ricoperta da ciascuno) sono stati portati in rRegione. Di certo l’omogeneizzazione non sarà al ribasso e i loro salari potrebbero salire”.
Cosa dice la Regione? TRE ha intervistato sul tema anche l’assessore regionale Emma Petitti, che ha tra le deleghe il riordino istituzionale. A Bologna si è ancora in attesa di capire, come spiega l’assessore, in che modo riusciranno a lavorare insieme le ex Province tramite le Aree Vaste e quale sarà l’esito del Referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre che riguarderà anche le autonomie dei territori. In Romagna, in particolare, siamo ancora lontani dal ragionare in termini di Area Vasta, a differenza di altri territori emiliani (Parma e Piacenza). A parte la sanità, dove peraltro vige una certa difficoltà ad omologare le diverse politiche gestionali delle singole Ausl, poco altro si è mosso.
“Le Province romagnole hanno previsto di avviare, in via prioritaria, la gestione associata di una serie di funzioni come la Tutela e uso del territorio, lo Sportello unico per le attività produttive e la Semplificazione amministrativa. Sarà un lavoro lungo e ci troviamo ancora in una fase di assestamento dei nuovi ordini di competenze, ma a questa fase seguirà un nuovo assetto istituzionale di tutta la Regione”.
Ci saranno aumenti di salari per il personale assorbito dalla Regione?
“La legge regionale sul riordino delle funzioni impone che i compensi di produttività, la retribuzione di risultato e le indennità accessorie del personale trasferito non possano essere incrementate fino all’applicazione del contratto collettivo decentrato. Tuttavia la Regione sta individuando con i sindacati dei percorsi che possano gradualmente colmare la significativa differenza di retribuzione fra ex provinciali e regionali”.
Mirco Paganelli