Quante volte? Quante volte capita, a tutti noi, di buttare via cibo scaduto da appena ventiquattro ore, o addirittura meno? Quante volte, a casa o al ristorante, lasciamo sul tavolo pietanze appena sfornate perché, seppur adulti, ancora non abbiamo imparato a mangiare con bocca e stomaco piuttosto che con gli occhi? Gesti che producono uno spreco di cibo, ancora commestibile, molto maggiore di quanto si possa credere, soprattutto se applicato ad ogni singolo individuo “mangiante”. Ma non solo. Anche le fasi di produzione e distribuzione alimentare si rendono protagonisti di una notevole quantità di cibo sprecato. Il Politecnico di Milano, lo scorso agosto, ha stimato l’ammontare nazionale di questi sprechi: 5,59 milioni di tonnellate all’anno, le eccedenze dell’intera filiera agroalimentare, di cui ben 920mila nel settore del largo consumo (industria e distribuzione). E solo 480mila le tonnellate recuperate annualmente. Il resto? Nel bidone. Tutto questo è inaccettabile. Per questo molte aziende cercano di migliorare la situazione scegliendo la via della donazione delle eccedenze, principalmente a enti di solidarietà e volontariato. Una via, però, resa più tortuosa a causa della burocrazia, come spesso accade nel nostro paese. Ma la lotta agli sprechi ha fatto registrare un importante risultato, grazie all’approvazione, in via definitiva al Senato lo scorso 19 agosto, della legge recante “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. La legge “Gadda”, dal nome del primo firmatario, è entrata in vigore lo scorso 14 settembre e porta con sé regole più semplici, racchiuse in un unico testo che comprende anche le precedenti disposizioni su agevolazioni fiscali, responsabilità civile e procedure igienico-sanitarie. E parecchia burocrazia in meno, oltre ad incentivi per chi dona. Obiettivo? Raddoppiare, da 500mila ad 1 milione, le tonnellate di eccedenze recuperate annualmente in Italia.
Meno burocrazia e più incentivi
Un primo aiuto arriva dalla legge di Stabilità per il 2016, che ha alzato il valore del cibo donabile alle Onlus, per il quale non è necessaria una preliminare comunicazione all’Agenzia delle Entrate a fini di esenzione dell’Iva, da 5mila a 15mila euro. Ma la legge Gadda introduce nuovi incentivi, come la possibilità di donare gratuitamente anche quei prodotti agricoli che restano sul campo, le rimanenze delle attività promozionali e i prodotti non commercializzabili per difetti d’imballaggio, oltre a quegli alimenti che sono in prossimità di scadenza, ma ancora commestibili. Inoltre il pane potrà essere donato, sempre a titolo gratuito, nell’arco di 24 ore dalla produzione. Non sarà, infine, richiesta nessuna forma scritta e preventiva per le donazioni gratuite.
Oltre la scadenza
A differenza del passato, con l’attuale legge anti-sprechi potranno essere donati anche quegli alimenti che hanno superato la data di scadenza indicata con la dicitura “da consumarsi entro il”, purché siano garantite le giuste condizioni di conservazione e l’integrità dell’imballaggio.
Agevolazioni fiscali e beneficiari
Grazie a questa legge, inoltre, i Comuni hanno facoltà di ridurre la Tari a quelle attività commerciali e produttive che pongono in essere donazioni di eccedenze alimentari agli indigenti e agli enti che se ne occupano. E sono anche stati definiti più chiaramente gli enti che possono beneficiare di queste donazioni: non più solo Onlus ma anche enti pubblici, quando “costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche”, come ospedali e scuole.
Accade a Rimini..
Quella contro gli sprechi è una lotta estesa, combattuta a livello nazionale. Ma a livello locale? Quali le forze in campo a Rimini? Una delle realtà più importanti è la Mensa dei Frati di Santo Spirito, organizzata, al fine di distribuire cibo ai meno fortunati, dall’Opera Sant’Antonio per i poveri. Una mensa in grado di cucinare ben 58mila pasti all’anno (180 al giorno), grazie al lavoro dei suoi 80 volontari. Ma il cibo cucinato non arriva dai contributi degli enti, insufficienti, bensì dalle eccedenze donate da generosi benefattori, come l’Ipercoop delle Befane, Metro, Summertrade e il progetto di Coop Adriatica “Brutti ma Buoni”, oltre a tanti piccoli esercenti riminesi. “Il 60% del cibo che serviamo arriva dalle donazioni. – afferma Romolo Corbelli, storico volontario della Mensa – Se non fosse per i benefattori di questa città avremmo già chiuso da tempo. Probabilmente avremmo fatto solo il primo anno, invece eccoci qui da ben sedici anni”. Un’altra forza in campo in questa lotta è, come sempre, la Caritas diocesana, dalla quale confermano le continue donazioni, sia dalle grandi distribuzioni che dai piccoli esercenti di Rimini. Donazioni che hanno contribuito, come emerge dall’ultimo Rapporto sulle Povertà, alla distribuzione di ben 97.055 pasti in mensa, cifra che insieme all’attività delle Caritas di Riccione e Cattolica arriva a toccare quota 120.359. Infine è degno di nota il progetto “Cibo Amico”, nato dall’impegno di Hera diversi anni fa al fine di recuperare pasti preparati, ma non consumati, nelle proprie mense. Un progetto che ha consentito di recuperare, a Rimini nell’anno 2015, ben 2.236 pasti da destinare alla Papa Giovanni XXIII.
Simone Santini