“Non sono razzista, però…”. Riceviamo tante lettere con questo attacco che, di solito, preannuncia una serie di valutazioni fatte di luoghi comuni e di “si dice” e che termina con perentorio “mandiamoli a casa loro”, anche quando sono zingari riminesi da almeno tre generazioni. Non sempre è giusto colpevolizzare chi dà questi giudizi, perché ormai sono come l’aria, li respiri e ti entrano dentro, senza che te ne accorga.
È possibile riflettere sulle situazioni, con elementi certi, con numeri e dati di fatto e non solo spinti dalla paura, dalla convenienza, dalla “pancia”? È possibile parlarsi e confrontarsi senza insulti, occhi strabuzzanti collera, grida e voci alterate?
Che dire poi della rete, frequentata da una minoranza, però capace di far cultura, opinione pubblica, con quel gioco di rilanciare le cose scritte, senza controllarle, amplificando anche le fandonie, strumentalmente messe in circolo. Umberto Eco diceva che il web ha sdoganato gli imbecilli e se anche molti pensano sia un fenomeno paragonabile ad un immenso e innocuo Bar sport, comunque la si valuti, è la violenza verbale a farla da padrone sui temi sensibili. Il fatto è che questa violenza, per ora solo verbale, nasce all’interno delle stesse formazioni politiche. Ricordate il cappio esposto in Parlamento o gli slogan di un programmatico Vaff? A volte mi chiedo se questo accumulo ultraventennale di violenza, parolaia e gestuale, possa diventare una minaccia reale. A volte la guerra mi sembra davvero vicina, troppo vicina. Penso alla ex-Jugoslavia, a Sarajevo, quando in una notte, amici e conoscenti si sono ritrovati nemici. Una pulizia etnica dove gli arrabbiati, i bamboccioni, i violenti manovrati strumentalmente da altri la fanno da padrone. Oggi c’è fra di noi una violenza che cova sotto la cenere, ma che potrebbe come un fiume lavico camminare e incendiare tutto intorno a sé.
“La non violenza: stile di una politica per la pace” è il tema scelto da papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2017. La speranza del Papa è quella che la non violenza possa diventare “metodo politico realistico, aperto alla speranza”. Un invito rivolto non solo ai responsabili delle nazioni, ma ad ogni cristiano e uomo di buona volontà. La pace la si costruisce giorno per giorno, negli atteggiamenti quotidiani, in come ti informi sui fatti che accadono, se ti metti le pantofole o gli scarponi (come ha invitato Francesco ai giovani a Cracovia), se prima di alzare la voce metti in funzione il cervello. Questa è non violenza.
Giovanni Tonelli