Gabriele Casadei, Giancarlo Facchini, Paolo Gabellini, Nicola Mazzone, Pier Luigi Pari (Zizzo), Giancarlo Raggi, Tiziana Scarponi e suo marito Gianni Todescato, Carlo Tardini e Ido Torri: sono questi i primi dieci riminesi che nel novembre 2004 diedero vita all’esperienza di volontariato in Terra Santa. Precisamente su invito di Ettore Soranzo, un membro dei Memores Domini (il gruppo di consacrati laici ispirato dalla genialità umana e di fede di don Luigi Giussani) andarono nell’Holy Family hospital di Nazareth; una struttura sanitaria fondata nel 1882 dall’ordine dei frati di San Giovanni di Dio, comunemente chiamati Fatebenefratelli. Un ospedale italiano insomma che al tempo non era in buone condizioni strutturali ed economiche. Il gruppo di riminesi ha accolto questo invito. E facendo uno o più turni l’anno di circa due settimane andavano a Nazareth per fare lavori semplici, come imbiancare e ripulire ambienti ma anche più complessi come montare impianti elettrici o attrezzature sanitarie.
Nel 2006 su richiesta dell’allora padre capo della Custodia di Terra Santa Pierbattista Pizzaballa, recentemente nominato vescovo patriarca della chiesa latina di Gerusalemme, la comunità dei Memores si trasferì a Gerusalemme presso la Custodia di Terra Santa. Ettore Soranza fu chiamato a dirigere il settore tecnico e coinvolse il gruppo di volontari riminesi, che nel frattempo aveva dato vita all’associazione ‘Romano Gelmini per i popoli della Terra Santa’ (che ha come scopo principale la ‘solidarietà sociale’ verso la Terra Santa), nel 2006 iniziò l’esperienza di lavoro volontario. Romano Gelmini era un ingegnere di Padova che aveva messo a disposizione la sua professionalità per aiutare l’amico che lavorava a Gerusalemme, ma la morte per un tumore, che lo colse improvvisamente a 42 anni, non gli permise di realizzare questo suo desiderio. Ecco spiegato il motivo del nome di questo sodalizio che oggi è cresciuto fino a contare 170 persone che si sono aggiunte al primo nucleo riminese e che provengono da diverse città e regioni italiane: Milano, Ravenna, Modena, Macerata ma anche da Firenze, Puglia e Campania. L’associazione cura anche un sito internet (www.gelminipopoliterrasanta.org).
Per via del clima (che in estate raggiunge temperature molto elevate) i turni di lavoro in genere di una decina di persone sono quattro in primavera e quattro in autunno così ogni anno ci sono un’ottantina di presenze impegnate in quest’opera. I volontari si pagano il viaggio mentre a loro viene fornito vitto e alloggio. Il punto base ora è a Gerusalemme nel palazzo ‘Maria Bambina’ della città, a due passi dal Santo Sepolcro, che fino agli anni ’70 era stato un orfanotrofio. Ma sono stati anche in tanti altri luoghi evangelici: Magdala, Cafarnao, Betlemme, Betania, Nazareth e lo scorso anno anche ad Haifa in una scuola guidata prima dai carmelitani, ora dai francescani. Lì c’è stato anche un gemellaggio con le scuola riminesi della Fondazione Karis e qualche studente di quella scuola è venuto a Rimini per uno scambio culturale. Questi volontari fanno vari lavori: solo per fare alcuni esempi a Cafarnao hanno anche ripulito il sito archeologico della casa di Pietro dove Gesù è stato per qualche tempo, oppure la raccolta delle olive nel terreno del Getsemani, dove i francescani hanno realizzato un romitaggio di preghiera. Inizialmente i frati (che impiegano anche operai del posto ma che ospitano tutto l’anno altri singoli volontari o pellegrini) guardavano con diffidenza a questi italiani sia per la loro organizzazione, piuttosto ferrea e certosina più che francescana, sia per il fatto che, almeno i fondatori, facessero riferimento al movimento di Comunione e liberazione. Ora però apprezzano cordialmente questa presenza e incontrano quelli che ormai chiamano i ‘gelmini’ anche in momenti conviviali come pranzi o cene oltre che affidare loro lavori delicati come il riordino e la catalogazione di musei o di altri luoghi dove sono immagazzinati oggetti sacri, quadri e mobilio storico di grande valore.
Spiega Zizzo, il presidente della ‘Gelmini’:“È una esperienza umana e di fede che serve in primis a noi stessi. Infatti lì il richiamo alla nostra fede è molto forte, anche per la vicinanza del Santo Sepolcro nel quale molto presto la mattina prima del lavoro andiamo a messa quotidianamente e di tanti altri luoghi sacri. Tanti volontari ci hanno detto in questi anni: ‘Mi sono sentito a casa, voglio tornare’. Nello stesso tempo è un’esperienza non diversa da quella che viviamo anche qui a Rimini o nelle nostre città. La differenza è la vita comunitaria tra noi e con le persone che incontriamo: un richiamo continuo alla verità di quello che si fa. Questo è importante anche per il lavoro: non è che siamo lì solo per la nostra professionalità. Siamo lì per un vero incontro e un dialogo con le persone che incontriamo e che possono essere anche molto diverse da noi. Tutto ciò infonde fiducia e speranza reciproca in situazioni e luoghi in cui la vita dei cristiani presenta anche grandi difficoltà”.
Serafino Drudi
Nelle foto: in alto i dieci riminesi che hanno iniziato l’associazione. In basso i partecipanti all’annuale assemblea, a Loreto