Uno dei film Pixar più amati di sempre, Alla ricerca di Nemo (2004), trova un efficace seguito, dove spetta alla smemorata pesciolina Dory (anche in questa occasione doppiata con bravura da Carla Signoris, mentre accende perplessità la scelta di Licia Colò per la voce guida del parco), il ruolo di star, alla ricerca dei suoi genitori, dai quali è stata separata anni prima. La sua perdita di memoria a breve termine non aiuta, ma sprazzi di ricordi affiorano nella sua mente e in un grande parco oceanografico trova le tracce della sua storia personale, indispensabili per recuperare affetti perduti.
L’idea centrale del film, l’importanza di recuperare ad ogni costo il proprio legame di appartenenza, è fortemente agganciata in un riuscitissimo sequel dove humour e commozione si mescolano con bravura e ammirazione (garantisce il regista del primo Nemo, Andrew Stanton), in quel fantasioso e coloratissimo universo marino (piacevolissima la versione in 3D) dove trovano posto anche Marlin e Nemo e con nuovi irresistibili personaggi come il polpo “mimetico” Hank, la balena miope Destiny e il delfino beluga Bailey. Gli umani fanno da contorno e non sono ben voluti dagli abitanti delle acque (vedi la scena della “vasca tattile”): qui contano pinne e branchie e nell’avventuroso percorso per ritrovare la famiglia smarrita, con flash-back che toccano il cuore (come si fa a resistere davanti alla versione infantile di Dory, con quegli occhioni che scoprono il mondo, anche se 5 minuti dopo non ricorda più cosa ha visto?) si delinea ancora una volta la grande forza narrativa della casa di John Lasseter che non si limita solo a “bei cartoni”, ma film che toccano tematiche profonde, persino nel caso del bel corto di apertura Piper di sorprendente resa foto-realistica.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani