Da quella sera, a Casa Busignani, si apparecchia per quattro. Al tavolo con Daniele, Barbara e Chiara siede Harouna, 21 anni, originario del Mali ma da ormai quattro anni costretto a vivere lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia.
Siamo a Bellaria Igea Marina, dentro una delle tante case che popolano questo comune di quasi 20mila anime. Eppure, in questo “nido” c’è qualcosa di speciale: quella di Daniele, Barbara, Chiara è la prima famiglia di tutto il territorio riminese ad aver aderito al progetto “ProTetto. Rifugiato a Casa Mia”, istituito da Caritas Italiana per l’accoglienza diffusa dei migranti per i quali lo Stato italiano ha riconosciuto lo status, appunto, di rifugiato.
Chiara, 23 anni, è stata la prima a dare “ufficialmente” la notizia sulla sua pagina Facebook, l’8 luglio, primo giorno di Harouna in famiglia. “Da questa sera a Casa Busignani si apparecchia per 4!”– ha scritto la giovane ai suoi amici virtuali – “Inizia cosi la nostra vita insieme ad Harouna. Un incontro speciale e deciso da Dio: sia noi che lui abbiamo fede, anche se noi siamo cristiani e Harouna musulmano, entrambi siamo convinti che quella di farci vivere insieme per sei mesi (questo è il periodo previsto dal progetto “Rifugiato a casa mia”, ndr.) è stata una decisione del cielo”.
Chiara e i suoi genitori si sono lanciati con entusiasmo in questa avventura. Harouna ha lasciato il Mali nel 2012 a causa della guerra e ora è titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Al termine del suo percorso di accoglienza presso il progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) gestito dalla Cooperativa Madonna della Carità di Rimini, ha trovato Daniele e Barbara, che si sono proposti di accompagnarlo nell’ultimo tratto di strada verso la completa autonomia. Con il costante supporto della Caritas diocesana e dopo un percorso di avvicinamento, la famiglia e Harouna stanno costruendo il loro tratto di vita insieme, nell’accoglienza reciproca e nella condivisione di un’esperienza di crescita.
“Insieme preghiamo a tavola, oltre ai nostri momenti personali, noi nella nostra camera e lui nella sua con il suo tappeto rivolto verso la Mecca, siamo felici di dire insieme la parola «Amen» comune alle nostre religion” proseguono Daniele e Barbara.
Ma come è arrivata questa scelta?
“In casa siamo tutti adulti e abbiamo avuto in dono una casa spaziosa, abbiamo sempre accolto persone anche se per periodi più brevi. Davanti a questa proposta perché non dire «sì»?”.
Così, accompagnata dalle ragazze della Caritas, la famiglia ha iniziato il cammino di conoscenza con Harouna lo scorso maggio, confluito nel trasferimento l’8 luglio.
“Le nostre giornate – proseguono – sono quelle di una normale famiglia che svolge le sue attività quotidiane: si reca al lavoro, prepara i pasti, pulisce casa e vive momenti di relax comune con amici che ci vengono a trovare o quando siamo invitati. Ognuno di noi ha il suo mazzo di chiavi con i nostri spazi personali e comunitari”.
Uno dei primi obiettivi è stato quello di trovare un lavoro per Harouna, e così è stato: fino al 31 agosto lavora in cucina in un ristorante con un regolare contratto. Ma la famiglia si sta già muovendo per i mesi successivi. “Abbiamo qualche contatto, speriamo continuativo. Abbiamo anche chiesto ad amici e parrocchia se qualcuno aveva una bicicletta da regalarci per i suoi spostamenti e ne sono arrivate tre in un pomeriggio” racconta felice Chiara. E aggiunge: “Harouna rappresenta una possibilità di apertura degli orizzonti e dei confini sia fisici che mentali, e soprattutto una domanda a cui era impossibile non rispondere. Non è stato necessario imporre tante regole, ruoli e spazi perché ogni cosa è stata naturale, sembrava ci conoscessimo già da tanto tempo. Un nostro punto di contatto è il mondo della scuola e il desiderio di imparare sempre più, di recuperare qualche tappa mancata”. La ragazza porta anche un esempio. “Un pomeriggio in cui mi sono trovata a fare lavori in casa, lui ha speso tutto il tempo con me. È stato un momento meraviglioso tra chiacchiere, due operazioni di matematica, un confronto sui recenti attentati e grasse risate. Incredibile come sia migliorata la nostra comunicazione, e non solo per ragioni linguistiche, da quando è entrato in casa. Un fatto davvero di grande stupore è il suo vero e sincero interesse ad imparare di tutto.
In poche parole, si vive la quotidianità giorno per giorno, sapendo che Dio è nostro compagno di strada”.
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