Sempre più poliglotta, ma radicato sul territorio. E sempre più ambizioso, perché se ci si ferma in una fase di importante riorganizzazione come questa, per tutta l’Alma Mater (nuova governance, nuovo statuto e nuove progettualità) si rischia veramente di essere semplicemente una “succursale” di Bologna. A dire il vero, il Campus universitario riminese, un lavoro di progressiva autonomia dalla cittadella all’ombra delle Due Torri, lo sta portando avanti già da qualche anno. Gli ultimi tre, in particolare, anche in seguito alla Riforma, sono stati decisivi nella pianificazione di molti dei 19 corsi di laurea che formano, attualmente, l’offerta formativa del Campus di Rimini. Gran parte dei quali diversi da quanto vantato in altre sedi del Multicampus emiliano-romagnolo, nell’ottica di una sempre maggiore autonomia e specializzazione sul territorio.
L’anno accademico 2016-2017, come sottolinea il coordinatore del Campus, Sergio Brasini, a pochi mesi dalla nomina, sarà un “anno di consolidamento” senza “new entry” a livello di lauree triennali e magistrali. Ma ciò non toglie che non si stia già lavorando al 2017-18, per portare nuovi corsi, aumentare le matricole (1.474 il dato dell’ultimo anno accademico) e soddisfare maggiormente la “piazza” dei circa 5.000 studenti che popolano la sede di via Angherà. 530 di questi sono stranieri provenienti per lo più da paesi al di fuori della Comunità Europea. Un’impronta fortemente internazionale che ha portato ad istituire all’ombra dell’Arco 5 corsi interamente in lingua inglese (di cui 4 lauree magistrali) frequentati da 350 studenti.
Numeri e internazionalità non sono però l’unica priorità del coordinatore e delle altre istituzioni che si battono per sostenere le ragioni del Campus riminese.
Professor Brasini, a quali novità state lavorando?
“Verosimilmente, dal 2017-18 ci sarà una riprogettazione di un paio di corsi di studio all’interno del Dipartimento di Scienze per la qualità della vita, nell’ambito delle lauree in Scienze Motorie. Inoltre, sempre in questo indirizzo, in linea con l’impegno costante del Campus ad arricchire l’offerta formativa internazionale, è possibile che si aggiunga, dallo stesso anno, un altro corso di laurea magistrale in lingua inglese”.
Una sfida è anche il legame con l’imprenditoria locale e una preparazione sempre maggiore dei vostri laureati al mercato del lavoro…
“È così. Il lavoro di riprogettazione fatto con i nostri corsi negli ultimi anni, è servito anche ad adeguare meglio l’offerta formativa a questo mercato. Anche iniziative come <+cors>Lavoro in Corso<+testo_band>, che si è svolto lo scorso 12 maggio, vanno in questa direzione: quest’anno abbiamo cercato di favorire anche colloqui in inglese tra i nostri laureandi e le aziende presenti, una cinquantina, tutte del territorio”.
Oltre all’aggiornamento delle competenze dei vostri laureandi, quali altri obiettivi ha nel cassetto?
“Sicuramente quello di declinare il più possibile i nostri corsi alle vocazioni del territorio. Penso alla moda, al turismo, ma anche alla sostenibilità ambientale, con importanti esempi imprenditoriali a livello locale. Il nostro Campus non deve duplicare l’offerta che già fanno altri, a cominciare da Bologna, perché non saremmo competitivi in termini di risorse. Questa era la vecchia logica, oggi si sta sempre più andando nella direzione di corsi esclusivi e specifici per Rimini”.
Il numero di docenti che qui insegnano e risiedono resta però una nota dolente.
“Sì. Oggi abbiamo appena 149 docenti incardinati su un totale di 507, tra docenti e ricercatori. Il numero è un po’ più basso rispetto agli altri Campus romagnoli perché qui, prima della Riforma, avevamo solo una facoltà. È nostro obiettivo cercare di aumentare questo numero sensibilizzando i Dipartimenti nelle politiche di reclutamento e facendo in modo che una parte delle risorse venga spesa per l’ingresso di nuovi docenti e ricercatori con sede a Rimini. Attualmente abbiamo 3-4 posizioni aperte per ricercatori a tempo determinato”.
Il Campus ha bisogno anche di spazi adeguati per gli studenti e la ricerca: a che punto siamo?
“Ci sono una serie di situazioni aperte che ci auguriamo di portare a compimento in due anni. È in corso la ristrutturazione del «Leon Battista Alberti» dove verranno create 5 nuove aule per una capienza di 250-300 studenti, che al momento ci servono come il pane. Così come gli uffici per i docenti. C’è poi il progetto dell’ex Macello: per settembre, massimo ottobre, contiamo di poter partire con i due Tecnopoli in questa nuova sede. Ma l’obiettivo dell’Amministrazione comunale, più a lungo raggio, è quello di consolidare in quell’area il Dipartimento di Scienze per la qualità della vita, attualmente ospitato a Palazzo «Ruffi Briolini». All’ex Arpa, invece, verrà realizzata la nuova biblioteca. Più in generale, l’obiettivo è di abbandonare progressivamente gli immobili in affitto, che comportano oneri”.
Anche la ricerca aiuta a rafforzare la permanenza sul territorio del personale docente. Quali sono gli obiettivi su questo fronte?
“Concentrare l’attività, anche qui, su temi che non vengono trattati altrove. Come il turismo. Puntiamo molto sul Cast (Centro interdipartimentale di Studi Avanzati sul Turismo) e a partire da questo Centro stiamo preparando un progetto che possa portare anche a Rimini un Dottorato di ricerca in tale ambito. Manca, e si avverte la mancanza in questo Campus di un’attività di Dottorato: sarebbe veramente un modo per formare i giovani docenti di domani”.
Lei è alla guida del Campus da febbraio: che idea si è fatto di Rimini?
“Sono stato accolto con grande calore e affetto da parte di tutte le autorità. Mi sembra ottimo il rapporto di collaborazione tra le varie istituzioni. Il fatto, poi, che la nuova giunta del Comune di Rimini abbia due assessori scelti tra i nostri docenti ci sembra un segnale importante di apertura. Ci auguriamo di avere con questa amministrazione rapporti più fluidi di quanto avvenuto in passato”.
Alessandra Leardini