Un foglietto, un ragazzo. Ne sono passati decine di migliaia nelle sette Tende della misericordia, allestite in altrettante piazze storiche di Roma, ognuna delle quali dedicata a un’opera di misericordia. Un pellegrinaggio colorato, a tratti chiassoso, ma al tempo stesso silenzioso quando c’erano da ascoltare le testimonianze e le catechesi per conoscere le opere di misericordia e capire come concretizzarle nella propria vita. E lo hanno scritto lasciando le loro tracce di vita vissuta. Il Giubileo dei ragazzi, voluto da Papa Francesco – una novità assoluta negli appuntamenti giubilari – è stato lo specchio in cui i 70mila partecipanti hanno messo a nudo sogni, problemi, attese e sofferenze, scaricando per un attimo i loro pesi. Con le domande di sempre di ogni adolescente: “Chi sono veramente? Chi devo essere?”. Visitando le Tende questi ragazzi hanno raccontato il loro essere più profondo. Come quando, nella tenda “Seppellire i morti”, si sono trovati a parlare della morte di una persona cara: “Quando è morto mio padre ho ritrovato Dio”, “Quando è morta mia nonna ho potuto vedere la misericordia di Dio nell’unione della mia famiglia che mi è sembrato avesse un legame molto forte…”. Pochi cenni alla disperazione. Nella tenda “Visitare i carcerati” un testimone della Caritas di Roma racconta il suo servizio con i detenuti di Regina Coeli. Ma ci sono anche ragazzi che vivono in una prigione, senza sbarre ma non meno chiusa: quella creata da pesi che opprimono. “Vorrei rendermi libera dalla mia prigione: ciò che pensa la gente di me”. L’attesa ripagata di una persona che ha teso la sua mano per aiutare si ritrova in questo semplice tratto, trovato nella tenda “Alloggiare i pellegrini” ovvero “Consolare gli afflitti”: “C’è stato un periodo in cui non facevo altro che piangere, ma grazie a una persona cara mi è tornato il sorriso”. I ragazzi che hanno “sete di essere ascoltati” sono tanti. Tanti i post che raccontano scene quotidiane di prepotenze, abusi e violenze: “Ti prego, Signore, ferma le prese in giro e le molestie…”, “un giorno ho protetto una mia amica da alcuni bulli…”. Le opere di misericordia trovano vita in ragazzi desiderosi di assumersi piccole e grandi responsabilità: “Mi impegno a non prendere in giro o nel caso contrario a difenderli”, “mi impegnerò a tacere per ascoltare l’altro”. “Vestire gli ignudi” per un ragazzo non vuol dire solo donare abiti più o meno nuovi ma “vestire gli altri con il mio perdono”. Sette Tende, sette opere di misericordia corporale riassunte tutte in questo post: “Vietato smettere di sognare”.
Daniele Rocchi