La creazione di un’ara crematoria per il comune e la provincia di Rimini, situata nel comparto del cimitero urbano, ci invita a vigilare e riflettere attentamente sui fenomeni che accadono attorno alla richiesta della cremazione. Siamo a conoscenza che tale prassi funeraria è in aumento: infatti, su scala provinciale i dati attestano che la percentuale delle cremazioni avvenute nel 2015 è poco superiore al 30%, in aumento del 2–3% rispetto all’anno precedente. Le ragioni che soggiacciono al desiderio di “ritornare polvere e cenere” non sono solo di carattere ideologico o ragioni contrarie alla fede, ma anche di natura pratico-economica, come la difficoltà a sostenere spese onerose o trovare spazi per l’inumazione del proprio caro; un problema reale che interessa anche i piccoli cimiteri extraurbani.
Cimiteri e tombe, luoghi della memoria e della fede
Oggigiorno il problema non riguarda solo gli spazi ma anche il significato dei luoghi, dei segni e dei simboli. Fin dai primi secoli i cimiteri e le tombe, a partire dal sepolcro vuoto di Cristo, sono sempre stati luoghi della memoria e della professione della fede nella resurrezione. Luoghi di culto e di pellegrinaggio, luoghi di annuncio della speranza cristiana nella resurrezione.
La Chiesa non si oppone
Anche fra i credenti va sempre più diffondendosi questa pratica. Sebbene la Chiesa, dal canto suo, continui a suggerire l’inumazione e la tumulazione come la forma più consona (e non solo tradizionale), non si oppone ma accoglie e accompagna tale scelta anche con apposite indicazioni liturgico-pastorali (vedi il nuovo rito delle Esequie), sempre che non sia compiuta in opposizione alla fede nella resurrezione.
Ceneri disperse o in casa: le perplessità di certe scelte
Nell’attuale contesto sociale, proprio perché la legislazione civile lo permette, si assiste all’incremento della prassi dello spargimento delle ceneri in natura o della conservazione dell’urna cineraria in luoghi diversi dal cimitero, ad esempio nelle abitazioni private. Nella provincia di Rimini il 2% delle cremazioni segue la dispersione delle ceneri in mare o in natura. Nel 5% dei casi dopo la cremazione la famiglia sceglie di conservare l’urna cineraria in casa. Alcune ragioni legate alla dispersione sono di chiara lettura panteistica (il ritorno alla Natura o al grande Tutto) oppure legate a filosofie e culture orientali. Il venir meno di un’antropologia simbolica del corpo umano come realtà diversa dalle altre realtà naturali non può che suscitare grandi interrogativi e forti perplessità. A questo proposito è bene chiarire che disperdere le ceneri significa cancellare per sempre la memoria del defunto; significa impedire la possibilità di esprimere, con riferimento a un preciso luogo di sepoltura, il dolore personale e comunitario. Così pure conservare le ceneri privatamente nelle case o in luoghi anonimi significa non affrontare il dolore del distacco e nell’elaborazione del lutto.
Accompagnare le famiglie nel lutto
Tante famiglie, pur non conoscendo le volontà del proprio caro estinto ricorrono alla cremazione per “risolvere” quanto prima il problema del funerale. Anche questa realtà interpella la nostra pastorale: oggi è quanto mai necessario un vero e proprio accompagnamento della famiglia colpita dal lutto. Ogni famiglia ha diritto ad essere sostenuta, accolta, aiutata e accompagnata nell’affrontare il limite della morte attraverso l’annuncio del Vangelo e i segni della fede cristiana.
Marcello Zammarchi