Il mare e le coste italiane subiscono da molto tempo minacce continue, su più fronti, che mettono a rischio l’integrità dell’ambiente marino, fondamentale per la vita. Pesca illegale, scarichi illeciti, mala depurazione, cementificazione selvaggia, trivellazioni off-shore, sversamenti di idrocarburi, degrado: l’insieme delle politiche territoriali, spesso distratte e poco lungimiranti, fanno del mare e delle coste luoghi in pericolo, tanto da richiedere un’adeguata opera di monitoraggio e protezione. Sul mare vigila Arpa (Azienda Regionale Protezione Ambientale) tramite il Battello oceanografico Daphne.
Ma come sta il nostro mare? Ne parliamo con la dottoressa Carla Rita Ferrari.
“Gli ultimi rilevamenti ci indicano che abbiamo un mare pulito. Sappiamo che nel nord Adriatico (compresa la nostra costa) affluiscono acque e scarichi provenienti da insediamenti produttivi e da colture intensive, che si accumulano agli scarichi degli insediamenti urbani. Il Po raccoglie tutti questi reflui e li libera in mare. Gli immissari e i fiumi che sfociano in Adriatico diventano veicolo di inquinanti, portando in mare liquami di ogni sorta”.
L’inquinamento è l’unico problema?
“No. La somma degli scarichi in mare provoca il fenomeno dell’eutrofizzazione: grandi quantità di sostanze nutritive (azoto e fosforo) in mare innestano fioriture micro e macro algali, verdi o rosse. In estate, con mare calmo e temperature elevate (fino a 28-29 gradi in agosto) abbiamo le maggiori criticità”.
Con quale cadenza sono fatte le campionature?
“Svolgiamo monitoraggio in inverno da Goro a Cattolica (12 miglia a largo) ogni 15 giorni (in estate ogni 7); controlliamo parametri chimico-fisici e sedimento per verificare la presenza di micro inquinanti. Per eventi come sversamenti, incidenti navali, interveniamo rapidamente”.
La situazione è sotto controllo?
“Monitorare 3.600 km quadri di habitat marino, con una barca, non è facile. Coloro che vivono in mare ci possono segnalare ciò che non va”.
Qual è lo stato di salute delle nostre acque nei primi mesi del 2016?
“L’ultimo Bollettino (n. 6) del 25 marzo verifica una situazione non preoccupante, senza particolari anomalie, grazie alle frequenti mareggiate”.
Se il mare è pulito, perché, nel 2015, si è verificato, sul tratto romagnolo, lo spiaggiamento di oltre 500 tartarughe, come risulta dai numeri della Fondazione Cetacea?
“Varie cause portano questo accumulo di decessi. Nel periodo invernale può capitare che le tartarughe abbiano problemi; sono rettili, quando la temperatura esterna raffredda, per ipotermia, congelano. Un altro problema riguarda la pesca. Le Caretta migrano verso questo tratto di mare grazie all’alta pescosità. Ma dopo il fermo estivo, con la ripresa della pesca, si trovano a convivere in mare tartarughe e pescatori. Se le tartarughe vengono catturate nelle reti (a strascico) e non possono più salire per respirare, muoiono. Il pescatore poi, se si accorge di avere pescato una tartaruga che è protetta, la ributta in mare. Ma la tartaruga pescata, grazie ad alcune pratiche di manipolazione, può riprendersi superando la fase dell’asfissia. Per questo facciamo formazione ai pescatori sul salvataggio delle specie protette”.
Laura Carboni Prelati