Nuovo Vicario generale don Maurizio Fabbri – La notizia della nomina a Vicario Generale di don Maurizio Fabbri è giunta a Morciano, dove lui è parroco, in occasione della Fiera di san Gregorio, proprio come otto anni fa per la nomina del Vicario uscente don Luigi Ricci. E qualcuno qui ha sussurrato, con un sorriso: “Non dobbiamo più invitare il Vescovo per san Gregorio, se non vogliamo restare di nuovo senza parroco”.
Ma Morciano senza parroco non resterà a lungo, anche se per provvedere un altro pastore il Vescovo “dovrà far piangere un’altra comunità”, per una sorta di circolo obbligato che ogni anno si va restringendo.
Intanto don Maurizio è ancora “parzialmente” a Morciano e fra un impegno e l’altro riusciamo anche a strappargli qualche confidenza sull’Ufficio che gli è stato richiesto.
È consuetudine rivolgersi al Vicario Generale della diocesi col titolo di “Monsignore”. Ma già con don Luigi, ed ora con don Maurizio, sembra che tale titolo sia caduto in disuso.
Al di là dei titoli, ciò che conta è la sostanza. E dunque chi è, dal punto di vista istituzionale, il Vicario Generale?
“Secondo il Diritto Canonico, il Vicario Generale è un prete scelto dal Vescovo perché «presti il suo aiuto al Vescovo nel governo di tutta la Diocesi». Infatti è «vicario del Vescovo», «deve riferire al Vescovo sulle principali attività programmate e attuate e non agisca mai contro la sua volontà e il suo intendimento» (can.480). Per questo, è fondamentale uno stile di sincerità e di trasparenza reciproca perché si operi in comunione di volontà e di azione”.
<Come hai accolto questa nomina?
“Di fatto solo qualche giorno prima il Vescovo mi ha chiesto espressamente la disponibilità per questo nuovo incarico… Il Vescovo aveva chiesto a tutti i sacerdoti, ai rappresentanti delle aggregazioni laicali, dei religiosi e dei diaconi di suggerire uno o due nomi per il nuovo Vicario Generale.
A seguito di un’ampia convergenza sul mio nome, il Vescovo ha ritenuto opportuno farmi questa richiesta”.
Al di là dei titoli onorifici attribuiti al Vicario, nello stile evangelico chi più sta in alto più deve servire. Come ti senti di fronte a questo servizio?
“Se da una parte sono riconoscente per la fiducia che il Vescovo mi accorda, dall’altra non posso non confessare il mio timore di fronte ad un compito tanto impegnativo e complesso. Ma credo che il Signore non faccia nulla a caso, anche quando non capiamo tutto e subito. Se mi ripenso a come ero non molti anni fa, devo riconoscere che il Signore mi ha fatto crescere come uomo e come prete e mi ha in un certo modo «preparato» a questo nuovo servizio per la Chiesa diocesana. Ciò che mi sostiene è la certezza interiore di stare rispondendo ad una chiamata del Signore che non cessa di dirmi «seguimi» lungo strade che solo Lui conosce. La mia sicurezza poggia non sulle mie forze, ma sulla Sua fedeltà: il Signore mi darà quanto serve per vivere ciò a cui Lui mi chiama”.
Entriamo un poco nei dettagli dell’Ufficio che ti attende: quali saranno i tuoi compiti di Vicario?
“Il Vescovo mi ha nominato anche «Moderatore di Curia», ossia coordinatore di tutti gli uffici amministrativi di curia e «Coordinatore degli Uffici Pastorali», al posto di don Tarcisio Giungi. A questo si aggiunge il compito di «Delegato Diocesano per il diaconato permanente» che già avevo. Ma prima e più di tutto questo è la cura delle relazioni coi sacerdoti, il discernimento in comune col Vescovo su sostituzioni e spostamenti dei preti, etc… Insomma non mi mancherà il lavoro!”.
In qualità di segretario del Consiglio presbiterale fino ad oggi e incaricato della formazione dei diaconi permanenti, ti sarai fatto un’idea abbastanza precisa della situazione della nostra Chiesa diocesana. In quali prospettive ti muoverai, in ovvia armonia col Vescovo?
“Ritengo che la nostra Diocesi abbia bisogno innanzitutto di una iniezione di coraggio e di speranza per affrontare il passaggio da una situazione relativamente tranquilla di tante parrocchie, ciascuna col suo prete, ad una situazione inedita di pochi sacerdoti che devono occuparsi di tante comunità, spesso piccole e disperse. Si tratta di aiutare le Comunità cristiane a responsabilizzarsi per non far morire la fede, ma rigenerarla in un’ottica missionaria. In particolare far nascere nuovi ministeri laicali e diaconali. Occorre operare avendo in mente non semplicemente di «coprire i buchi», ma verso quale Chiesa diocesana siamo incamminati nel prossimo futuro.
Condizione per fare questo, è creare una relazione significativa con ogni prete: è vero che ci sono poche vocazioni ma occorre anzitutto curare i preti che già ci sono, facendoli sentire amati e stimolandoli a non chiudersi in se stessi, ma fare qualche passo avanti nella relazione tra loro e nella collaborazione pastorale.
Altro ambito da coltivare è il coordinamento degli Uffici Pastorali diocesani perché siano davvero a servizio delle comunità parrocchiali e di un cammino diocesano più unitario.
Occorre far crescere uno stile di maggiore collegialità coi vicari foranei ed episcopali, coi responsabili degli Uffici pastorali, dentro una pastorale veramente «integrata», che sappia mettere in comunione preti, diaconi, religiosi e laici, le aggregazioni laicali e le parrocchie della stessa Zona”.
Sei stato chiamato a questo incarico nel cuore dell’anno pastorale. Non era meglio aspettare giugno? Lascerai subito Morciano o ti concederai un tempo di transizione?
“Certo non è il periodo migliore per uno spostamento: ogni parrocchia è al culmine della sua vita pastorale: benedizioni alle famiglie, Pasqua, Comunioni, Cresime… ma forse non si poteva aspettare oltre in questo «passaggio di testimone». Comunque, in attesa che arrivi un nuovo parroco, rimarrò almeno fino a maggio per aiutare anche la gente a «metabolizzare» il cambiamento. Credo che questi due anni scarsi di presenza a Morciano siano serviti per rilanciare il cammino, ridare fiducia ad una Comunità che era un po’ bloccata e renderla cosciente delle sue tante risorse”.
Hai sempre esercitato il tuo ministero in parrocchia, e anche in parrocchie grandi come S. Martino a Riccione e adesso a Morciano, ma passare alla diocesi che effetto fa? Non hai un po’ di timore reverenziale?
“Il nuovo incarico più che una «promozione» lo sento come un servizio impegnativo che allarga notevolmente l’orizzonte: è come quando arrivando su una cima ti si apre davanti un orizzonte che non pensavi, creandoti un senso di spaesamento e di stupore”.
E la parrocchia di Morciano, anzi l’Unità Pastorale che comprende anche Gemmano e Montefiore, rimarrà orfana? E poi ci sono anche le parrocchie di San Clemente e sant’Andrea che fanno parte della Zona Pastorale …
“La realtà pastorale che mi ha accolto in questi neanche due anni la porto nel cuore… sento il dolore per dover lasciare quelle relazioni da poco allacciate e quei primi passi pastorali fatti insieme a miei due «coparroci» e altri sacerdoti della Zona, ma forse la mia presenza è servita a «accendere i motori», gettare dei semi che ora possono e devono essere coltivati”.
E dunque con quale spirito ti appresti a fare il Vicario Generale?
“Come ho detto il primo giorno, con «timore e trepidazione», ma sentendomi sostenuto dall’amicizia e della preghiera di tanti amici: il vescovo in primis, poi gli amici preti, i laici, i religiosi… non da ultimi certamente posso contare sulla premurosa intercessione di mia madre e di don Tonino Brigliadori.
Vorrei iniziare in punta di piedi, con pazienza nei tempi e nei modi, cercando di ascoltare, vedere, intuire.. E in questo, conto davvero sulla preghiera di tutti”.
Egidio Brigliadori