Migranti e rifugiati ci interpellano, il Vangelo della Misericordia ci aiuta a rispondere all’emergenza. È stato questo il tema al centro del Giubileo dei migranti, celebrato domenica 17 gennaio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Settemila persone di 30 nazionalità diverse, si sono riunite in piazza San Pietro per ascoltare le parole del Papa. Dopo l’Angelus, attraversando la Porta santa, hanno partecipato, a San Pietro, ad una solenne messa presieduta dal cardinal Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, durante la quale sono state consacrate oltre 5.000 ostie realizzate da alcuni detenuti del carcere di Opera di Milano. In Basilica era presente la Croce di Lampedusa, simbolo che richiama le circa 4.000 vittime – tra cui oltre 750 bambini – che lo scorso anno hanno perso la vita nel viaggio verso le nostre coste. Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha aperto due Porte sante a Lampedusa e lanciato un appello affinché l’isola resti “una porta aperta dove trovare cuori spalancati”.
“Questa occasione straordinaria costituita dall’apertura di una Porta santa a Lampedusa – ha ricordato Papa Francesco (nella foto durante il suo viaggio a Lampedusa nell’estate 2013) – è la risposta di Dio alla vostra disponibilità e alla vostra accoglienza ed è un monito: quante volte vi hanno chiesto «chi ve lo fa fare» o vi hanno detto che «è pericoloso» o vi hanno invitato a «guardare dall’altra parte» Ebbene io vi dico che se il vostro cuore batte solo per Dio non basta. Deve battere per Dio e per i fratelli e battere con lo stesso ritmo”. Il pontefice ha poi aggiunto: “La rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero, motivandola con la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo. Molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà”.
RIMINI COME RISPONDE?
In sintonia con il Giubileo della Misericordia, la Diocesi di Rimini ha dedicato quest’anno pastorale alla Missione lanciando in collaborazione con la Caritas diocesana il progetto “Parrocchia accogliente”.
Papa Francesco durante l’Angelus del 6 settembre scorso, “di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita” ci invitava ad essere loro prossimi e “a dare loro una speranza concreta”. Da qui, alla vigilia del Giubileo della Misericordia, l’accorato appello “alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi”.
Ma in cosa consiste il progetto riminese? Si tratta di un gesto concreto e gratuito, un servizio, un segno di accoglienza che si affianca a molti altri in favore dei poveri (disoccupati, famiglie in difficoltà, anziani soli, minori non accompagnati, diversamente abili, vittime di tratta, senza dimora, ecc) presenti nelle nostre Chiese: un supplemento di umanità, anche per vincere la paura e i pregiudizi.
Il progetto è stato presentato dal Vescovo Francesco all’inizio dell’anno pastorale e inserito nella Lettera pastorale come opera-segno (tra le altre) dell’Anno della Misericordia e della Missione.
Diverse parrocchie della nostra diocesi si stanno attivando per reperire appartamenti e luoghi di accoglienza, ma soprattutto per prepararsi come comunità a vivere questa esperienza. Prima ancora dell’accoglienza concreta è infatti decisivo curare la preparazione della comunità, articolandola in alcune tappe.
1) Informazione, finalizzata a conoscere chi è in cammino e arriva da noi, valorizzando gli strumenti di ricerca a nostra disposizione (il Rapporto immigrazione, il Rapporto sulla protezione internazionale, altri testi e documenti, schede sui Paesi di provenienza dei richiedenti asilo e rifugiati);
2) Formazione, volta a: preparare la comunità che accoglie con strumenti adeguati (lettera, incontro comunitario, coinvolgimento delle realtà del territorio, ecc.); costruire una piccola équipe di volontari e provvedere alla loro preparazione non solo sul piano sociale, legale e amministrativo, ma anche culturale e pastorale, con attenzione anche alle cause dell’immigrazione forzata. A tale proposito la Caritas diocesana mette a disposizione i propri sussidi e le proprie competenze.
L’integrazione sarà tanto più efficace quanto più risponderà al criterio della reciprocità. Non solo accolgo te che hai bisogno, ma sono consapevole di accogliere una persona con delle ricchezze, dei talenti, una cultura che se valorizzati permetteranno alla nostra comunità di essere migliore e di crescere in umanità. L’accoglienza dei profughi non deve mai perdere il suo valore educativo: far crescere tutta la comunità civile ed ecclesiale nella cultura dell’accoglienza, della fraternità, della interazione. È un’occasione di riflessione, conoscenza e interscambio religioso e culturale, al fine di accrescere il sentimento di fraternità e abbattere le barriere di intolleranza che sempre più spesso si affacciano nella società civile. È inoltre una grande opportunità per conoscere la straordinaria ricchezza sociale e culturale nel mondo e condividere un messaggio di pace e unione fra i popoli.
Per dettagli ci si può rivolgere alla Caritas diocesana (referenti Cesare o Luciano). È inoltre possibile organizzare incontri informativi e formativi nella propria parrocchia.
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