Non si può certo dire che Sant’Aquilina sia una parrocchia superficiale, con la mania dei cambiamenti rapidi e con la curiosità e la smania del nuovo. Mi riferisco ai suoi parroci che in ben 110 anni sono stati appena due: don Fedele Righetti, dal 1892 al 1951, e don Antonio Cicchetti, dal 1951 ad oggi. Insomma, una storia secolare scritta solo da due mani.
Oggi dunque non è possibile parlare di questa parrocchia senza rievocare la storia dei suoi parroci.
“Sono arrivato come cappellano a Sant’Aquilina il 30 settembre del 1950. – racconta don Antonio – Don Fedele era un po’ malandato di salute, tanto che dopo poco è morto. Così sono rimasto solo alla guida della parrocchia fino alla solenne presa di possesso (così si diceva allora) nell’aprile del ’51”.
Sessant’anni abbondanti sempre nella stessa parrocchia sono tanti. Non è stanco?
“Più che a me, questa è una domanda da fare ai parrocchiani. Io mi ci trovo bene e devo veramente ringraziare il Signore per tutto, non ultimo la salute che ancora mi sostiene bene. Col Signore ci scherzo un po’… qualche volta. Per esempio, l’ho pregato che mi facesse arrivare agli 85 anni, ma l’ho pregato quando li avevo già raggiunti. Ma anche Lui scherza con me. Così un giorno dal medico mi sono sentito dire: qui c’è un tumore. E le analisi dicevano: qui c’è un tumore. Poi alla fine ho scoperto che era tutto uno scherzo del Signore e che il tumore non c’era affatto. Ed eccomi allora ancora qui, a fare quel che posso”.
E in sessant’anni ha potuto fare molto?
“Io non mi lamento, ma su questo bisognerebbe sentire il buon Dio. Sicuramente, guardandomi attorno, vedo il campo seminato e mi auguro che tutto giunga a maturazione. Intanto stanno maturando le prime semine: quei bambini battezzati che sono diventati padri e nonni e che mi hanno portata a battezzare i loro figli e poi i nipoti”.
Dal momento che ha evocato l’immagine dei campi e della semina, è vero quello che si racconta in giro, che lei è un prete agricoltore?
“Lo sono stato. E quello era l’unico modo, allora, di tirare avanti la parrocchia, anche dal punto di vista economico. Ma oggi non faccio più nulla. Non tengo più neanche l’orto”.
La sua storia personale è interessante e “divertente”, condita dalle sue allusioni e battute, ma io sono venuto qui da lei per parlare della parrocchia …
“E allora parliamo della parrocchia, ricordando che la sua sede attuale risale al 1912, mentre prima la chiesa si trovava a Borgazzano, verso la Cerbaiola, oltre la Zingarina. In ogni caso, sia prima che adesso, la chiesa si trovava e si trova completamente decentrata, rispetto a tutto il territorio che corre lungo l’Ausa.
Fino a poco più di una decina di anni fa il piano regolatore non prevedeva nuove costruzioni, per cui le famiglie residenti erano poche e si conoscevano tutte. Adesso qualcosa si muove, ma la parrocchia non ne trae gran giovamento in vivacità e partecipazione. Relativismo e indifferenza stanno intaccando anche le nostre nuove generazioni per cui, mentre gli anziani stanno venendo meno, non arrivano le nuove presenze.
Alle funzioni in chiesa, specialmente quelle infrasettimanali, c’è sempre meno gente. Il servizio di trasporto delle persone, tramite pulmino messo a disposizione dalla parrocchia, si sta esaurendo perché non è più richiesto. Insomma, problemi ce ne sono perché si va esaurendo il senso cristiano della vita”.
Difficoltà e problemi purtroppo ce ne sono ovunque, non solo a Sant’Aquilina. Ma qualcosa di positivo e promettente ci sarà sicuramente anche qui.
“Sicuramente rimane salda l’amministrazione dei sacramenti e la catechesi dei bambini. Il catechismo raccoglie bambini dalla prima elementare alla seconda media. Il buon numero di partecipanti è dovuto anche alla frequenza di ragazzi che vengono dalle parrocchie limitrofe e che frequentano lo stesso plesso scolastico dei nostri.
Dal catechismo scaturisce anche il campeggio parrocchiale annuale, momento di forte aggregazione e di crescita. Riusciamo a raggiungere da 70 a 80 ragazzi con una quindicina di animatori. È un’esperienza positiva sia per i piccoli che per i grandi, per la vivacità e l’organizzazione della giornata, per la catechesi, per la celebrazione eucaristica quotidiana … ”.
Ma i bambini diventano giovani e i giovani adulti. Come prosegue l’itinerario?
“Esiste un gruppo di giovani che hanno iniziato il cammino del post-cresima da più di una decina di anni. Sono ragazzi legati fra di loro da un profondo rapporto di amicizia, sempre aperti ad accogliere ed accompagnare quegli adolescenti che desiderano fare la loro stessa esperienza. Sono anche gli animatori del campeggio estivo e di tutti i momenti ricreativi che si organizzano in parrocchia per i ragazzi.
Quanto agli adulti, fin dal 1997, con la «Missione del popolo al popolo» sono iniziati anche nella nostra parrocchia i Centri di Ascolto del Vangelo. Però da 5 siamo ora passati a 4. Si svolgono nel periodo quaresimale e seguono le indicazioni dell’Ufficio Pastorale Diocesano.
Ma rimane vero che la via privilegiata resta sempre la cura dei bambini, perché attraverso loro si possono coinvolgere le famiglie e quindi il mondo degli adulti”.
Don Antonio, mi permetta di ricordarlo: lei ha ottantasette anni abbondanti. Un bel traguardo, non c’è che dire, anche se, lei me lo insegna, dopo di questi ce ne sono altri. Come fa a trovarsi in linea e in sintonia con le nuove generazioni e dove trova le energie per seguirle?
“Se dovessi fare le cose da solo la parrocchia sarebbe già morta da un pezzo. Grazie a Dio, ho delle bravissime catechiste e degli splendidi giovani che fanno tutto quello che sapevo fare anch’io da giovane. Mi rimane un rammarico che è la fatica di raggiungere i lontani. Non ci sono persone specificamente preparate e disponibili per studiare e concretizzare modalità di approccio e di coinvolgimento di chi è lontano dalla fede e dalla vita parrocchiale”.
Io so che un suo confratello “viciniore” sta pregando per lei, perché il Signore la mantenga in salute, per non doversi lui prendere a carico anche questa parrocchia…
“Anch’io prego perché non debba prendersi anche questa parrocchia”.
Con questa battuta ci lasciamo. Ed è certo che anche noi ci uniamo di cuore alla preghiera e agli auguri del confratello, ma anche di tante altre persone di tutta la Diocesi che in questi anni hanno goduto della generosità di don Antonio. Per oltre 50 anni li ha accompagnati per la difesa dei loro giusti diritti negli uffici pubblici di mezz’Italia. Anche senza laurea un grande avvocato dei poveri.
Egidio Brigliadori
Nella foto, la chiesa e il campanile di S. Aquilina recentemente restaurati (foto Luca Temeroli)