Questo il titolo del Campo nazionale ACR per responsabili, membri d’equipe e assistenti, tenutosi a Lecce dal 4 al 9 Agosto. Il campo ha richiamato associati da tutta Italia, circa duecento persone accolte con grande gioia e disponibilità dai membri dell’equipe diocesana leccese e dai responsabili nazionali. La nostra Delegazione Diocesana, arrivata nel tardo pomeriggio di venerdì a Lecce, era composta dal nuovo assistente Don Stefano, Elena, Ezio, Elena e Stefano.
Il titolo di questo Campo allude volutamente ad una macchina 4×4, capace di viaggiare sulle varie strade che siamo chiamati a percorre nel nostro servizio; in realtà il nostro gruppo è partito a bordo di una semplice utilitaria, percorrendo i settecento chilometri che ci separavano dalla nostra meta, tra canti, giochi e sorrisi. Quattro, come le ruote motrici, i temi che hanno scandito le riflessioni e i laboratori giornalieri: Interiorità, Fraternità, Ecclesialità e Responsabilità.
Interiorità
Una 4×4 non può fare a meno di nessuna delle sue ruote se vuole riuscire ad affrontare anche i percorsi più scoscesi, così l’interiorità è anch’essa fondamento del nostro viaggio. Interiorità intesa come incontro vero e vivo con Gesù, la relazione non soltanto di preghiera ma anche di silenzio e ascolto. Ogni giorno del nostro campo nazionale così iniziava con la preghiera, veniva riempito e scandito dalla liturgia eucaristica e si concludeva con un momento di vicinanza, con l’ affrontare Dio, sempre guidati e accompagnati dai vescovi della Puglia e dai numerosi assistenti diocesani di A.C. Certo domenica è stato un giorno speciale per l’interiorità, in cui abbiamo affrontato il brano di vangelo scelto per quest’anno associativo e cioè quello delle beatitudini (Mt 4, 23 – 5, 12). Con l’aiuto prezioso dell’assistente nazionale dell’ACR Don Marco G. abbiamo ripercorso la bellezza della nostra chiamata e siamo stati introdotti ad un bellissimo momento di deserto. L’interiorità che come nel vangelo delle dieci vergini può essere come piccoli vasi di olio, è alla portata di ognuno di noi, e tutti possono prenderne uno e portarlo con sé. Tuttavia il vaso non può essere prestato o diviso, ma solo vissuto nella sua pienezza e verità per accogliere Gesù, lo sposo, nelle nostre vite.
Fraternità
Costruire ponti e non innalzare muri, rifacendosi a Papa Francesco, è un po’ questo lo slogan di quello che vuol dire Fraternità. Un tema importante in questi tempi costellati di “accidia” ed “indifferenza” verso l’altro, dove noi cristiani siamo richiamati alla sfida dell’incontro: “il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo” (E.G. 88).
Attraverso laboratori ed incontri abbiamo dato un volto rinnovato a questa parola, che insieme ad interiorità, responsabilità ed ecclesialità formano i quattro obiettivi formativi di cui si fa portatrice l’ACR. Una fraternità che non deve mai essere statica, un acquietarsi dove si sta bene, dove non si fa fatica, ma dinamica, capace di guardare oltre e di porsi sempre nuovi limiti e nuovi incontri, perché è nei volti, nei sorrisi e nelle parole dell’altro che riusciamo a percepire la presenza di Gesù.
“Dov’è tuo fratello” così come a Caino, ogni giorno anche a noi, Dio ci interpella con questa domanda, che ci deve ricordare come davanti a Lui siamo tutti fratelli e come la Salvezza non sia un discorso personale, autoreferenziale: non ci si salva da soli, ma come popolo.
Ecclesialità
Una Chiesa più Sinodale, non astratta, fatta di dogmi e precetti, ma d’incontri tra persone, che condividono la gioia dell’incontro con Gesù. Un Cantiere quotidiano, un percorso da intraprendere ogni giorno, uscendo da noi, pronti ad accogliere l’altro, lasciandoci stupire da esso.
“Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità. Sia l’azione pastorale sia l’azione politica cercano di raccogliere in tale poliedro il meglio di ciascuno. Lì sono inseriti i poveri, con la loro cultura, i loro progetti e le loro proprie potenzialità. Persino le persone che possono essere criticate per i loro errori, hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto. È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti.” (E.G.236)
Responsabilità
Parlando della nostra responsabilità e del nostro impegno come laici, si è sottolineato come questa parola, cioè la responsabilità, possa contenere al suo interno altre espressioni che si riferiscono ad atteggiamenti da avere. Innanzitutto la persona responsabile deve rispondere (responsabile) ad una chiamata e deve dare delle risposte, o almeno provarci. È un re (responsabile) se, come il Cristo Re, si mette a servizio degli altri attraverso le sue abilità (responsabile). Se riesce in tutto ciò, è una persona bella che gli altri cercheranno e con cui si troveranno a lavorare bene insieme a lui (responsabile).
Ezio Martinini, educatore