Home Cultura 1926: l’Ausa costretto alla chiusura

1926: l’Ausa costretto alla chiusura

Righetti

A rendere complicato il quadro dei rapporti politici interviene nel maggio del 1921 l’uccisione di Luigi Platania, uno dei fondatori del locale Fascio di combattimento. Questo provoca l’azione “punitiva” dei fascisti in Borgo San Giuliano (violenze che si ripetono l’anno successivo in occasione dell’anniversario della morte di Platania) e la spaccatura all’interno del Partito popolare: Garattoni e Bonini aderiscono al Comitato delle onoranze a Platania, giudicando il fascismo come una reazione sana e accettabile di fronte alle violenze socialiste; Giuseppe Babbi vede invece nel fascismo il vero pericolo per le istituzioni democratiche. Nel 1922 Garattoni e Bonini sono costretti a uscire dal Partito popolare, il primo anche da «L’Ausa», ma nel luglio dello stesso anno la Giunta di Arturo Clari cade sotto la minaccia delle violenze fasciste; i popolari sono costretti ad un silenzio quasi assoluto; «L’Ausa» viene sistematicamente boicottato e da organo del Partito popolare torna ad essere “settimanale cattolico” sotto la guida di don Luigi Maria Magi.
Alle elezioni del 6 aprile 1924, grazie al combinato disposto della legge Acerbo che prevedeva un cospicuo premio di maggioranza, delle violenze e delle intimidazioni il Partito fascista ottiene a Rimini l’80% dei voti, e il Partito popolare l’8%…

Dal 16 al 17 luglio dello stesso anno viene celebrato il Sinodo diocesano, per conformare la direttiva ecclesiastica al nuovo Codice di diritto canonico promulgato da Benedetto XV nel 1917. Il richiamo al sinodo celebrato dal vescovo Ridolfi dopo la stagione napoleonica, era indicativo della volontà di prepararsi ad una nuova stagione politico-culturale.
Le Costituzioni del Sinodo, organizzato con cura dal vescovo, coadiuvato dal vicario mons. Michele Rubertini e da mons. Mauri, riguardavano la vita spirituale e la preparazione culturale del clero. Inoltre, richiamando le encicliche di Leone XIII e la più recente Ubi arcana Dei di Pio XI (era succeduto a Benedetto XV nel 1922) dedicavano un capitolo all’Azione cattolica, esortando a sostenere un’azione laicale “che contribuisce al bene della religione, all’utilità dei poveri e dei diseredati”. Quasi al termine di lavori, in maniera irrituale, veniva accolto don Domenico Pini, vice assistente generale della Azione cattolica, che si soffermava sull’Azione cattolica giovanile, “ritenuta in questi tempi particolarmente necessaria”.
Il 23 maggio, quando era stata concessa la cittadinanza onoraria a Mussolini, «L’Ausa» aveva reso omaggio alla nuova atmosfera di collaborazione instaurata dal fascismo, ma dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), e il violento discorso tenuto a settembre da Mussolini dal balcone dell’Arengo, con tre articoli apparsi in successione sul settimanale, Igino Righetti (nella foto), allora ventenne segretario della Giunta diocesana di Azione cattolica, destinato ad assumere qualche anno dopo la presidenza nazionale della Fuci (Federazione universitari cattolici italiani), dà inizio ad una dura polemica col settimanale fascista «La prora», difendendo lo Stato di diritto contro la Stato-partito e la necessità di ripristinare le leggi contro l’arbitrio e la violenza.
Nonostante la violenta opposizione dei giornali fascisti, nella Assemblea della Azione cattolica, che si tiene nell’ottobre, alla presenza del vescovo Scozzoli, per recepire i nuovi statuti firmati da Pio XI il 2 ottobre 1923, i lavori vengono introdotti da don Magi e una delle tre relazioni viene affidata a Righetti. La relazione, che porta il titolo L’odierno compito dei credenti, pur distinguendo il mondo degli interessi religiosi dalla presenza diretta nella attività politica, economica e sociale, delinea chiaramente l’obiettivo a cui tendere: preparare una nuova generazione di credenti che attraverso lo studio sia in grado di comprendere i problemi della vita e di risolverli secondo i principi cristiani e, attraverso la preghiera, possa attingere la forza per mostrare che la violenza è sempre e ovunque detestabile.
Nel maggio del 1925, tuttavia, don Magi è costretto a dare “spontaneamente” le dimissioni da direttore de «L’Ausa», che con Ferruccio Angelini diventa prudente e conciliante. Nonostante questo, il giornale, dopo trent’anni di attività, sarà costretto a cessare le pubblicazioni nell’autunno del 1926. Nel novembre dello stesso anno i partiti e i sindacati vengono sciolti. A Rimini come nel resto d’Italia il fascismo non ha ormai più avversari…

Cinzia Montevecchi
(9 – continua)