Una prima tappa significativa verso la riorganizzazione della vita diocesana e il rilancio di una maggiore qualità nella vita pastorale si ha col vescovo Giulio Parisani (1549-1574), successore del cugino Ascanio.
A spingerlo su questa strada, nonostante la giovane età (venne consacrato a 24 anni!) e la condotta morale non sempre specchiata, furono la partecipazione alle sedute del Concilio di Trento e la presenza in diocesi dei visitatori apostolici (Leonardo Marini, vescovo di Alba nel 1566 e Francesco Sormani vescovo del Montefeltro nel 1572) e dei commissari (Andrea Stanga e Domenico Petrucci), che avevano il compito di controllare l’operato dei vescovi e dei parroci, verificando l’adempimento dei loro doveri pastorali.
Con Giulio Parisani inizia la serie regolare delle visite pastorali : per vent’anni personalmente dal vescovo o attraverso il vicario Domofonte Parisani vennero visitate le parrocchie della città e della diocesi, il clero regolare e secolare e i conventi femminili.
Urgenza
della formazione
Nei due Sinodi, celebrati nel 1564 e nel 1572 venne messo a fuoco il tema della preparazione e della formazione permanente del clero e della scelta dei parroci; venne imposto ai parroci di predicare infra missam e insegnare la dottrina cristiana; venne istituito un canonico teologo che “leggesse” la Scrittura e la teologia morale e un “lettore” in ogni plebanato che per sei mesi settimanalmente risolvesse casi di coscienza e insegnasse; vennero scelti esaminatori sinodali per verificare la preparazione dei candidati al sacerdozio e agli ordini minori.
La commissione
“pro conficiendo seminario”
Si trattava di riplasmare le figure del clero e dei religiosi attraverso una solida formazione teologica e il ripristino della disciplina ecclesiastica , per rifondare l’identità e la coscienza ecclesiale dei ministri, in vista di una azione pastorale più autentica.
A questo fine nel Sinodo del 1564 il vescovo promosse una commissione pro conficiendo seminario, e quattro anni dopo ottenne dalla comunità il palazzo del Cimiero nel quale collocarlo.
Il documento di concessione stabiliva che il numero dei chierici dovesse aggirarsi sulla trentina: 18 ragazzi “poveri” e 12 in grado di mantenersi autonomamente agli studi.
I requisiti minimi
richiesti
In realtà i “poveri” furono sempre meno del numero previsto, in primo luogo perché era prescritto che per entrare in seminario i giovani avessero già una sufficiente capacità di scrivere e di leggere, cosa che ai poveri difficilmente era concessa. Inoltre il seminario, non godendo di benefici propri, ebbe per decenni gravi problemi di sostentamento, nonostante che il vescovo Castelli concedesse nel 1580 il “beneficio semplice” di Santa Maria della Polverara.
Quando nel 1572 il già ricordato Sormani in qualità di visitatore apostolico fa la relazione della sua visita, deve rilevare che gli incaricati alla cura dei seminaristi erano quattro, di cui solo due insegnanti: quello di grammatica e quello di canto. Impone allora – e l’anno successivo controlla che sia stato fatto – che venga introdotto almeno l’insegnamento della dottrina cristiana all’interno delle lezioni di grammatica.
(3-continua)
Cinzia Montevecchi